Le contraddizioni dei tempi che viviamo: mentre la politica sembra virare sempre più verso autonomismi, regionalismi, particolarismi, financo nazionalismi di stampo ottocentesco, l’economia va in direzione diametralmente opposta: le aziende grandi gareggiano per diventare multinazionali, le alleanze e le fusioni tra campioni nazionali sono ormai all’ordine del giorno. Anche in Italia.
La bellunese Luxottica è convolata a nozze con i francesi di Essilor per creare un gigante mondiale dell’occhialeria; l’Autogrill dei Benetton ormai spazia tra gli aeroporti e le autostrade di mezzo pianeta; Mediaset trova un partner tedesco di uguali dimensioni per sfidare i colossi americani. Infine, il settore auto, quello che ancora muove una bella fetta di Pil mondiale.
Qui da tempo si sapeva che il gruppo Fca – Fiat, Jeep, Alfa, Maserati e altro ancora – era in cerca di un partner. È in salute, ma è pure a zero negli investimenti verso l’auto elettrica e a guida autonoma, che sarà la regina del futuro. Ha trovato l’indirizzo giusto in quel di Parigi, laddove ha sede il Groupe Renault.
I francesi hanno il know how che manca a Torino, ma difettano nei punti di forza italiani: Suv di alta gamma in particolare. Soprattutto, si aprono loro le porte dell’America sia settentrionale (Chrysler, Jeep) sia latina (Fiat); a sua volta, per i modelli Fca si spalancano i mercati asiatici su cui finora non hanno toccato palla.
Un matrimonio vincente per entrambi, che diventerebbe trionfale se aderisse pure un partner storico di Renault: i giapponesi di Nissan-Mitsubishi che, da soli, vendono più auto dei novelli sposi e che sono fortissimi in tutta l’Asia. Nascerebbe così il primo gruppo automobilistico mondiale, sempreché si sciolgano i nodi su chi comanda che cosa.
Ma non è una questione di sterili classifiche e di primati sulla carta. Queste nozze comporterebbero enormi risparmi (si parla di 5 miliardi di euro iniziali), perché i colossali investimenti che l’auto del futuro richiede sarebbero appunto il frutto di tre tasche unite. È la strada da tempo intrapresa dal gruppo Volkswagen, che cambia solo la pelle – pardon, la carrozzeria – a modelli in tutto identici tra loro e marchiati Vw, Skoda, Seat, Audi.
Tutto bene, dunque? Quasi. Dentro Renault c’è lo Stato francese, che è sempre un azionista particolare. Dietro i marchi ci sono i Paesi, con la politica che dice: nessuno tocchi gli stabilimenti dentro i nostri confini. Una pretesa assurda per un gruppo privato che deve allocare le risorse nel modo migliore per i propri conti, e non per altri interessi. Ma, nel concreto, un problema che non dovrebbe toccare l’Italia, dove gli stabilimenti Fca sono tra i più moderni al mondo e quello di Pomigliano d’Arco, in Campania, è considerato forse il migliore.