Da Pizzighettone a Trento. Un pezzo dei doni del Re di Francia Francesco I, custodito a Pizzighettone, è stato richiesto dal Castello del Buonconsiglio di Trento per la mostra “Fili d’oro e dipinti di seta. Velluti e ricami tra Gotico e Rinascimento”. La mostra (poi aperta fino al 3 novembre 2019) sarà inaugurata il prossimo 13 luglio con lo scopo, prima nel suo genere, di raccontare la storia dei tessuti sacri attraverso quadri e preziosi velluti e ricami tra Quattro e Cinquecento.
A raccontare parte di questa storia sarà il paliotto avuto in dono direttamente dal re di Francia Francesco I a Mons. Gian Giacomo Cipello di cui scrive lo storico locale Gianfanco Gambarelli, tratteggiando la figura del Cipello e ben descrivendo i doni del tesoro del Re di Francia.
Mons. Cipello, nel suo testamento si dichiara nativo di Pizzighettone nel 1484. La sua discendeva da una nobile e ricca famiglia di feudatari lo porta a frequentare ambienti colti e raffinati, circoli d’artisti e di poeti, corti di nobili e di principi. Dalla mente brillante, colto (era laureato “in utroque jure” cioè in diritto civile e canonico), abile conversatore, poteva vantare amicizie di alto livello. Noti sono i suoi viaggi alla corte del papa Giulio II e dei suoi successori. Il Cipello, a soli 25 anni (1509), ottiene la prepositura della chiesa di S. Bassiano; molto apprezzato da papa Clemente VII per le sue qualità, la chiesa di San Bassiano, nel 1525, viene eletta collegiata.
L’incontro con il Re di Francia Francesco I avviene nel periodo della prigionia del Re all’interno della Fortezza di Pizzighettone, prigioniero dell’imperatore Carlo V dopo la sfortunata battaglia di Pavia. Il parroco, mons. Cipello, diventa un confidente e un confortatore per il Re di Francia. E’ proprio in virtù di questo rapporto che il Re, in segno di riconoscenza, prima di partire per la Francia, dona al Cipello il suo manto purpureo di cavaliere del Toson d’Oro.
Tornato libero in Francia, Francesco I, pensando al parroco e al confidente di Pizzighettone, suo unico conforto nei momenti bui, lo chiama a sé quale Elemosiniere privato (una dignità eccezionale), senza rinunciare ai benefici parrocchiali. Il Cipello non dimenticherà mai Pizzighettone, tanto che per testamento chiede che, alla sua morte, il suo cuore sia estratto dalla salma e portato nella chiesa di S. Bassiano, dove è avvenuta la sepoltura, davanti all’altare maggiore.
E Pizzighettone arrivano anche una parte dei numerosi doni che il Re di Francia offre all’amico e confidente. Un grande tesoro di cui a Pizzighettone arrivano solamente il paliotto d’altare, una pianeta, il manto di velluto,
una borsa quadrata, un manipolo e una stola di velluto senza ricami e le reliquie. Nel tempo i doni subiscono diverse traversie, a causa di furti, ritrovamenti, nascondimenti, spostamenti. Nel 1918, ad esempio, sono trasferiti a Roma per maggiore sicurezza per tornare a Pizzighettone nel 1920.
Dopo la sosta a Pizzighettone, i doni del Re Francesco I di Francia sono prossimi a un nuovo trasloco e non si tratta solamente del paliotto che andrà in mostra al Castello del Buonconsiglio di Trento.
La Diocesi di Cremona, infatti, ha chiesto la disponibilità del paliotto e della pianeta per il Museo Diocesano. Il trasferimento di questi importanti pezzi dovrebbe avvenire nell’autunno dopo che i sacerdoti, il Consiglio Affari Economici e il Consiglio Pastorale Unitario hanno dato il loro parere favorevole.
Come ha spiegato don Andrea Bastoni, parroco di Pizzighettone: «Ci è sembrato giusto accogliere la richiesta pervenuta dalla Diocesi perché la nuova collocazione garantisce condizioni di sicurezza e conservazione, oltre che di visibilità, che la Parrocchia non è in grado di offrire. Ci ha convinti anche l’idea alla base della collocazione dei doni che prevede un’ambientazione con ampi richiami a Pizzighettone e dunque un invito a non fermarsi al Museo Diocesano, ma spingersi fino alla visita della nostra cittadina. La Parrocchia, inoltre, non perde assolutamente la proprietà dei doni e dunque in futuro le scelte potrebbero cambiare».
Inoltre non tutti i doni andranno al Museo Diocesano che ospiterà il paliotto e la pianeta; a Pizzighettone rimarranno alcuni pezzi più piccoli del tesoro del Re.
Sempre lo storico locale Gianfranco Gambarelli descrive, grazie ad una meticolosa ricerca d’archivio e alla consultazione di altre opere sull’argomento, il paliotto e la pianeta (oltre agli altri doni del Re). Dunque, ecco i doni che andranno al Museo Diocesano.
Il paliotto d’altare
Il paliotto proviene dalla cappella privata della regina madre Luisa di Savoia e la tradizione vuole sia stato ricamato dalla stessa regina e dalle dame di corte: è opera di arazzieri parigini del secolo sedicesimo.
E’ lungo m 2,80 e largo m 1,10; il tessuto è di velluto cremisi, mentre tutte le figure e gli ornati sono ricamati in oro e argento. In mezzo al paliotto, ottimamente disegnati e ricamati nel gusto dell’arte borgognona campeggiano le effigi rituali del Cristo in croce avente alla destra S. Giovanni, il prediletto di Cristo e a sinistra la vergine Maria. Ai quattro angoli ha un grosso scudo d’azzurro diasprato coi tre fiordalisi d’oro di Francia, cimato dalla corona antica, aperta a fiorami, e contornato dal collare dell’ordine di San Michele. Fra le figure e sparsi, con ritmo esatto, per tutta la composizione del paliotto , ci sono dieci dischi radiati in oro che portano sei monogrammi di Cristo (IHS) e quattro della Vergine Maria (M.A.). Secondo la dott. Eva Tea5 (Biella 1886 – Tregnago 1970) la parte in ricamo non è stata tessuta sul velluto cremisi ma applicata: probabilmente apparteneva ad un altro velluto. Il paliotto è costellato da elementi rappresentanti l’Eucarestia ed ai suoi quattro angoli campeggiano quattro stemmi araldici con i gigli di Francia sormontati da una corona.
Alla base un prezioso recinto ornato di foglie e fiori è reso più significativo dal teschio ai piedi della croce. La finezza del lavoro rimane immutata anche dopo i rozzi ritocchi a cui è stato sottoposto nel corso dei secoli.
Il paliotto ha subito un nuovo restauro con Don Luigi Nozza presso la Soprintendenza di Mantova nel 2002.
La pianeta
E’ una pregevole opera d’arte. Adorna di due scudi coi gigli di Francia, sotto alle due corone reali ricamate ad alto rilievo in filo d’oro. Ai due lati del petto non si scorgono più le due salamandre che originalmente si dovevano li trovare, bensì due aquile grifagne a due teste fatte ricamare in una delle riparazioni che ebbe il prezioso cimelio”. E’ di velluto di seta rosa, con stolone anteriore e croce posteriore interamente ricamata a mano con 18 figure riassunte in cinque scene, la Deposizione, il Martirio di S. Stefano e quello di S. Bartolomeo sulla parte anteriore, tutte di profonda espressione. Dietro vi è il martirio di S. Andrea e S. Cristoforo. La pianeta è così descritta nell’inventario del Capitolo di San Bassano di Pizzighettone redatto l’8 Termidoro, anno V Repubblicano (1793) dal cittadino De Stefanis: una pianeta di velluto cremice ricamata con gigli, acquile, statue e figure, guernita di bindelli d’oro fino.
La pianeta venne stimata del valore di L. 25.
La pianeta era molto deteriorata dal tempo e è stata affidata per il restauro da Mons. Severgnini nel 1952 alla ditta Domenico di Cles di Trento.
Il dottor Nicholas Herman, storico dell’arte presso la Ph.D. New York University e studioso dell’arte del rinascimento francese, sta sviluppando una propria teoria che il pittore francese Jean Bourdichon, di cui sta scrivendo una monografia, sia l’autore dei disegni della pianeta e del paliotto su cui poi furono eseguiti i ricami.