È morta sabato 20 luglio la filosofa ungherese Agnes Heller, aveva 90 anni. La notizia è confermata dalla Hungarian Academy of Sciences. Sopravvissuta all’Olocausto, Heller era considerata una delle menti più celebri del pensiero critico e della sfida contro ogni totalitarismo: sopravvissuta ad Auschwitz, perseguitata sotto il comunismo, poi estromessa dall’università e attaccata dal regime sovranista di Viktor Orbán. È rimasta attiva fino all’ultimo giorno. Secondo i media ungheresi, è morta annegata nel lago Balaton, forse a causa di un arresto cardiaco. A riva la polizia ha trovato il suo corpo. Da poco aveva compiuto 90 anni, era sana e lucida, pronta a nuovi eventi pubblici, anche in Italia.
“Oggi si difende ‘il nostro’ contro l’altro e lo si fa per un’ideologia che ci porta a schierarci sempre contro qualcuno”. Così la filosofa ungherese Ágnes Heller, al Sir offrì una lettura critica del momento attule, a margine di una sua conferenza a Bressanone, dove è stata ospite nello scorso mese di marzo dello Studio teologico accademico e dell’Accademia Cusanus. “C’è da chiedersi oggi se l’Europa sopravviverà. È di grande attualità il dibattito sui migranti e sull’accoglienza degli stranieri che arrivano a bussare alle nostre porte. In Europa ha preso piede quello che chiamo l’orbanismo’, che è una forma di tirannia diversa da quelle che hanno caratterizzato il Novecento (come ad esempio nazismo e fascismo) – spiegava -. È una tirannia che non prevede più il pluralismo”. E sul futuro dell’Europa rifletteva dicendo che “oggi c’è chi guarda all’Unione europea come al nemico da distruggere”. “Ma una volta distrutta l’Europa, questi cercheranno un nuovo nemico da distruggere e, così facendo, si rivolteranno l’uno contro l’altro, finendo per farsi la guerra”. Il rischio indicato era quello di “ricadere in una guerra”. “È per questo che è fondamentale avere un pensiero critico, capace di leggere i segni e i pericoli di questo tempo”.
Il 17 settembre sarebbe dovuta tornare a Cremona – dopo l’incontro in Comune delloo scorso anno in occasione della Marcia della pace Perugia-Assisi – ospite delle Acli in occasione di un impegnativo tour che tocca varie città italiane per la presentazione del suo nuovo libro, “Il demone dell’amore” (Gabrielli editore).
Agnes Heller è una famosa pensatrice ed è pure una testimone diretta della Shoà, avendo vissuto l’esperienza del ghetto di Budapest e aver visto morire quasi tutta la sua famiglia nei campi di concentramento nazisti.
Nata nel 1929 da una famiglia ebrea di origini austriache, la Heller fin da piccola è costretta a vivere con la paura delle persecuzioni razziali. Il padre è un musicista e scrittore e infonde nell’animo di Agnes una grande passione per l’arte, per la musica e per la cultura in genere. La madre ha un ruolo più normativo. Insieme vivranno l’esperienza drammatica del ghetto di Budapest e la liberazione con la Todesmarsch dove morirono centinaia di persone. Il padre, scoperto mentre dava aiuto ad ebrei in fuga venne deportato e ammazzato ad Auschwitz nel 1943.
Dopo essersi iscritta alla Facoltà di Medicina cambiò radicalmente corso, nel 1947, dopo aver partecipato ad una lezione di filosofia di Gyorgy Lukacs, il pensatore più influente e importante dell’Europa di quegli anni In breve tempo divenne la più stretta collaboratrice di Lukacs e dal 1947 professoressa associata nel suo dipartimento.
Insieme ad un gruppo di filosofi che si ritrovavano intorno alle idee di un marxismoriformatore di Lukacs, la Heller fondò la Scuola di Budapest, che ebbe un ruolo molto importante nella ricerca di una riscoperta umanistica di Marx. Ma ben presto entrò nel mirino dell’ortodossia del partito comunista sovietico che reagì violentemente a questo tentativo di rileggere criticamente Marx spogliandolo da paludamenti troppi ideologici.
Destituita dai suoi incarichi accademici insieme con Lukacs per motivi politici dopo la rivoluzione ungherese, trascorse molti anni ad insegnare in scuole secondarie e le fu proibita ogni pubblicazione. Nel 1968 protestò contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, e subì una nuova persecuzione politica e poliziesca. Nel 1973, sulla base di un provvedimento ad personam delle autorità del partito, perse di nuovo tutti gli incarichi accademici.
Nel 1977 emigrò in Australia insieme al marito Feher Ferenc, anche lui uno degli esponenti principali della Scuola di Budapest. Ma quatto anni più tardi venne invitata a insegnare Filosofia Politica alla New School di New York prendendo di fatto la cattedra che era di Hannah Arendt. E in questo suo periodo americano la Heller diventa una delle pensatrici più famose tenendo collaborazioni e corsi con i più importanti filosofi del mondo.
Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, tornò nella nativa Ungheria dove è stata designata membro dell’Accademia ungherese delle scienze. Oggi è una delle voci critiche più forti e ascoltate in tutta Europa contro il governo nazionalista ungherese di Viktor Orban.