Dal Brasile il racconto di una Quaresima che ha dovuto fare i conti con il Covid

Le tante restrizioni e il coprifuoco anticipato alle 18 hanno costretto spesso a cambiare i programmi. La storia di Pablo, morto a 16 anni

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Dal Brasile sono giunti alcuni aggiornamenti rispetto alla vita della parrocchia di Gesù Cristo Risorto, nel caldo mese di marzo. Periodo nel quale è risultato fondamentalmente il cammino quaresimale, insieme alle restrizioni dovute all’aumentare dei casi di coronavirus.

Come da tradizione degli anni passati la comunità guidata da don Emilio Bellani e don Davide Ferretti ha pensato di animare il cammino quaresimale con qualche incontro per i giovani il sabato sera e alcuni momenti forti la domenica, oltre a un cammino sulla figura di san Giuseppe. Purtroppo è saltato tutto o quasi. Gli incontri dei giovani non sono stati possibili, la catechesi sulla figura di san Giuseppe si è limitata a tre riflessioni inviate via WhatsApp e per le domeniche si è riusciti a vivere solo la “domenica della carità”, nella quale le famiglie e le singole persone sono state invitate a portare in parrocchia o nelle chiese sussidiarie prodotti alimentari che sono poi serviti per comporre le cosiddette “ceste basiche”.

«La sorpresa, vista la situazione aggravata dalla pandemia, – affermano i due sacerdoti “fide donum” cremonesi – è stata vedere la generosità di tutti; anche chi è in grossa difficoltà non si è tirato indietro, portando anche solo un pacchetto di caffè. È stato un modo per vivere in concreto la carità e per farsi carico dei bisogni degli altri. Le ceste sono poi state distribuite alle famiglie bisognose nei giorni precedenti a Pasqua».

Il cammino della Quaresima è stato comunque portato avanti soprattutto con la numerosa partecipazione (posti permettendo) alla Messa della domenica, ma anche con l’adorazione eucaristica del giovedì e alla Via Crucis del venerdì.

Il “coprifuoco” – prima alle 20 e poi alle 18 – imposto in Salvador per tentare di bloccare la diffusione del virus ha costretto a modificare a volte gli orari delle celebrazioni, ma la gente sa adattarsi e non ci sono stati molti problemi.

Purtroppo, anche in questo contesto, non sono mancati in quartiere momenti di violenza. C’è sempre bisogno di una grande attenzione.

 

Pablo, salito alla Casa del Padre a 16 anni

Per concludere vi racconto brevemente di Pablo, un ragazzino di 16 anni che proprio una settimana fa è tornato alla Casa del Padre. Mi direte, perché raccontare di un ragazzo morto a 16 anni, qui purtroppo ne muoiono diversi a quell’età a causa della “guerra della droga”.

Pablo non è morto per questo motivo. Pablo ha combattuto più di 3 anni con un tumore (nell’ultimo periodo pesava forse 30 kg). Famiglia semplice, modesta, senza molte risorse economiche (come sono molte qui). La mamma l’ha sostenuto costantemente con pazienza e amore, come solo una madre sa fare in momenti come questi;  la sorella è stata di esempio arrivando a dormire in terra a fianco al fratello per non lasciarlo solo di notte (e come in tutte le famiglie non è che fratello e sorella andassero sempre d’accordo). E qualche amico che ogni tanto andava a trovarlo, ma nell’ultimo periodo sempre meno per non farsi vedere piangere per la malattia che avanzava (tutti siamo spiazzati di fronte alla sofferenza e alla morte).

E poi lui, Pablo, quando si andava a trovarlo era sempre così: “Come va Pablo?” “Bene”. “Come stai oggi?” “Bene”. Mai una volta che l’abbia sentito lamentarsi, anche se si rendeva perfettamente conto che si stava spegnendo. “Hai fame?” “Si” . “Chi prepara oggi?” “La mamma, mia sorella non sa preparare niente” (con il disappunto della sorella). “Diciamo una preghiera?” “Certamente” e si cominciava a recitare il Padre Nostro, anche se nell’ultimo periodo non aveva più la forza di arrivare alla fine della preghiera e nemmeno di fare il segno della croce. Gli portavamo qualche dolce, un po’ di gelato, una sera anche la pizza insieme… quello che riusciva a mangiare. Si stava lì un po’, poi quando ci si rendeva conto che era stanco si salutava: “Alla prossima Pablo”.

Un ragazzo semplice, che ha affrontato il dolore e la morte con grande serenità, forza e fede, un esempio. Qui non c’è il funerale, c’è solo la sepoltura con un momento di preghiera: un momento forte per le persone presenti. A me, ma penso a molti, rimarrà il grande esempio di Pablo.

don Davide

TeleRadio Cremona Cittanova
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