“Quello che sperimentiamo è un tempo inedito e incerto, ma tutta l’Ac intende viverlo con questo ‘popolo’ e in questa ‘città’: abitando questa stagione della storia dell’umanità, lasciandosene interpellare, assumendo comunque uno sguardo fiducioso, compiendo scelte coraggiose e innovative, per avviare processi di cambiamento di lungo respiro nella società e nella comunità ecclesiale”. Sono giorni di impegno e trepidazione nei gruppi di Azione cattolica, diffusi in 5.400 parrocchie in ogni angolo del Paese. Da domenica 25 aprile a domenica 2 maggio 800 delegati – riuniti online – animeranno la diciassettesima Assemblea nazionale, in rappresentanza di oltre 270mila soci, fra cui 53mila educatori, accompagnati da 7mila sacerdoti assistenti. “Ho un popolo numeroso in questa città” il tema dell’Assemblea; e venerdì 30 aprile mattina il Consiglio nazionale Ac sarà ricevuto in udienza da Papa Francesco. Ne parliamo con il presidente Matteo Truffelli, 51 anni, parmigiano, docente universitario di Storia: in carica dal 2014, conclude il mandato. L’Assemblea è infatti chiamata ad eleggere il nuovo Consiglio nazionale.
Presidente, per la prima volta nei suoi 153 anni di storia, l’Assemblea nazionale si svolgerà online, modalità inedita imposta dalla pandemia. Come affronterete questa novità?
Vivremo questa settimana con il consueto entusiasmo e senso di responsabilità per l’associazione. Ovviamente ci sarà un po’ di rimpianto per il fatto di non poterci incontrare di persona, riabbracciarci, stare insieme, elementi che sono sempre stati fondamentali durante le Assemblee nazionali. D’altro canto sperimenteremo le opportunità offerte dagli strumenti digitali, grazie ai quali si potrà svolgere questo importante momento di confronto, di verifica, di programmazione e di decisioni democratiche, compresa l’elezione del nuovo Consiglio nazionale.Affrontiamo i lavori assembleari con il desiderio di guardare avanti, restando dentro la realtà odierna dalla quale nasce la consapevolezza che occorre cambiare:la pandemia che attraversa il mondo e il nostro Paese è, in questo senso, un acceleratore di novità. Anche il programma dei prossimi giorni è stato adattato ai tempi del web, preservando però ogni elemento essenziale del nostro incontrarci: la preghiera, l’ascolto delle relazioni, il dibattito, le votazioni.
Il popolo e la città al centro dei lavori. Perché?
La riflessione sul tema del popolo è per noi, associazione popolare, assolutamente essenziale. Siamo parte del popolo, e riconosciamo che in esso il Signore abita: vogliamo camminare con il popolo, per scoprirvi la presenza di Gesù risorto. Intendiamo riflettere sulla dimensione propria del popolo, sulle sue specificazioni; ciò comprende anche il desiderio di contribuire a ripensare la convivenza nella “città”, dove il popolo abita. Seguendo le indicazioni della “Fratelli tutti” c’è da immaginare una nuova e diversa umanità, condividendone fatiche, interrogativi, speranze e percorsi.
La pandemia ci sta costringendo in casa da oltre un anno. Ne risentono le attività economiche, sociali, ecclesiali. Qual è lo stato di salute dell’Ac?
L’associazione è molto vitale e credo che almeno in parte lo debba alla sua pluralità, alla molteplicità di declinazioni, di scelte, di attività con le quali si “interpreta” l’Ac, radicata nei diversi territori e nelle diocesi italiane. La nostra è un’associazione fortemente inserita nella realtà in cui vive e opera:dentro un cammino nazionale, le iniziative e le attività si riprogettano in base alla realtà sociale ed ecclesiale nelle quali siamo inseriti e per le quali lavoriamo.Detto questo, siamo anche consapevoli che non mancano fatiche e limiti, spesso gli stessi che sta attraversando l’intera comunità ecclesiale. Ma l’Ac è ancora capace di sorprendere, di suscitare entusiasmo, di costruire amicizie, accompagnando ragazzi, giovani e adulti nel cammino di fede. Aggiungerei una ulteriore sottolineatura.
Di cosa si tratta?
L’associazione a mio avviso ha dimostrato una incredibile capacità di tenuta di fronte a un anno e più in cui è stato impossibile svolgere le nostre attività nelle forme consuete. In tutta Italia l’Ac ha saputo reinventarsi, con creatività e passione da parte dei nostri soci e dei responsabili di ogni età, coltivando quei legami che, in un tempo di distanziamento forzato, si sono dimostrati fondamentali nella vita delle persone. Abbiamo attraversato la pandemia con un’enorme forza, con la volontà di restare vicini, di sostenerci a vicenda, e al contempo mettendoci a disposizione delle nostre comunità parrocchiali e diocesane. Questo è un segno davvero positivo di vitalità!
Quali indicazioni potrebbero emergere dall’Assemblea?
Ogni Assemblea nazionale nella storia dell’Ac ha individuato strade nuove da percorrere per restare nel proprio tempo. Così questa Assemblea è chiamata a interpretare la difficile stagione che stiamo attraversando, proiettando lo sguardo verso il dopo-pandemia.Quale associazione, quale Chiesa, quale società vogliamo essere? Quale futuro ci immaginiamo? Come renderci protagonisti del nostro stesso futuro?Sono interrogativi imprescindibili che attraverseranno il nostro discernimento comunitario e che mi pare stiano sollecitando profonde riflessioni anche a livello ecclesiale e civile.
In questi anni alla presidenza di una grande associazione laicale lei avrà sperimentato anche una consuetudine di rapporti e di collaborazione con l’episcopato e con il Papa. Quali indicazioni ne ha tratto?
Il legame, il confronto, la stretta collaborazione con i nostri vescovi e con la Conferenza episcopale mi hanno permesso di toccare con mano una grande passione per la Chiesa e per l’Italia. Oltretutto ho la consapevolezza di aver vissuto una grazia straordinaria: ho infatti potuto svolgere il ruolo di presidente nazionale di Ac anche grazie alla paternità e alla guida di Papa Francesco; ne ho misurato l’instancabile volontà di seminare il vangelo e la capacità di provocare l’Ac. In questo senso abbiamo avvertito una responsabilità: il programma che ci siamo dati in questi anni, infatti, stava già tutto all’interno dell’Evangelii gaudium. E più volte ho detto agli amici dell’associazione che il nostro compito, in questa stagione, è quello di contribuire a edificare la Chiesa dell’Evangelii gaudium.
Sette anni su e giù per l’Italia, incontrando migliaia di soci, partecipando a un numero infinito di incontri… Qualche ricordo o nota personale?
Direi anzitutto la gratitudine immensa che sia io che mia moglie Francesca sentiamo verso l’associazione: in questi anni intensi siamo stati sostenuti, accompagnati, guidati dall’Ac! Abbiamo sentito attorno a noi tanto affetto e fiducia. Poi racconterei ciò che ho visto e sperimentato: ovvero, che in ogni angolo del Paese c’è qualcosa di straordinariamente bello: testimonianze di solidarietà e di servizio; occasioni formative e culturali; esperienze di condivisione; creatività inventiva; comunità cristiane di vero stampo evangelico.Ho incontrato gruppi di Ac che condividono un’intensa vita di fede, ho visto da vicino espressioni gioiose di Chiesa e coinvolgenti iniziative della società civile.Senza trascurare il fatto che ovunque nella nostra Italia si trovano cose belle da vedere, cose buone da assaggiare… A volte, mi pare, non ci accorgiamo di questo patrimonio, che andrebbe maggiormente valorizzato. È da qui che possiamo ripartire con fiducia.