Un «pellegrinaggio sui luoghi e nel nome» del servo di Dio don Primo Mazzolari. Così il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Nunzio Galantino, ha vissuto la giornata di domenica 17 aprile a Bozzolo, dove nel pomeriggio, nella chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo, ha presieduto l’Eucaristia nel 57° anniversario della morte di don Mazzolari. Presenti anche il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e l’emerito, mons. Dante Lafranconi.
Oltre una decina i sacerdoti concelebranti, del circondario e non solo. Tra loro il parroco don Giovanni Maccalli e don Bruno Bignami, presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” e postulatore per la causa di beatificazione di don Mazzolari. A fare da cerimoniere il vicario di Bozzolo, don Gabriele Barbieri.
La processione dei sacerdoti, partita dalla casa parrocchiale, prima di accedere in chiesa ha sostato sul sagrato per il saluto del sindaco di Bozzolo, Giuseppe Torchio, che ha collocato l’anniversario mazzolariano all’interno dell’anno giubilare della Misericordia, che «a Bozzolo è stata vissuta in tante occasioni – ha detto – come percorso concreto alla pratica dell’accoglienza, dalle centinaia di poveri presenti in Parrocchia, ora come allora, ai cinquecento sfollati dopo il bombardamento di Cassino nella seconda guerra mondiale, per venire ai giorni nostri caratterizzati dal fenomeno migratorio, qui da noi accompagnato alla perdita della quasi totalità delle imprese industriali, non ultimi i pesanti timori per le attività di riparazione ferroviaria con circa quaranta licenziamenti».
E ancora: «Le testimonianze legate all’azione di salvaguardia della componente ebraica, documentate prossimamente da Rai Storia, confermano, nel passaggio più buio della nostra storia, una collaborazione a 360 gradi tra momento religioso, civile e della sicurezza pubblica, nel segno della Misericordia». Misericordia – ha sottolineato ancora il primo cittadino – che si sprigiona nelle tante forme di attenzione che il mondo cattolico presta alla realtà bozzolese. «Da questo tessuto operoso – ha affermato Torchio – la consapevolezza che il seme lasciato da don Primo è stato fecondo qui e in tutto il paese come dimostra la stessa crescente attenzione del mondo artistico».
Gramita la chiesa parrocchiale di Bozzolo, affollata di tante persone anche fuori del paese che apprezzano la figura di don Mazzolari e cercano di seguirne l’esempio. In prima fila da un lato la rappresentanza istituzionale del Comune, dall’altra le religiose: le Suore della S. Famiglia e quelle di Maria Bambina. E non mancavano naturalmente i membri della Fondazione “Don Primo Mazzolari”.
All’inizio delle celebrazione, animata dalla schola cantorum S. Restituto, il saluto di mons. Napolioni che, ringraziando mons. Galantino per la presenza, ha voluto rivolgere anche un pensiero alla comunità parrocchiale incontrata ufficialmente per la prima volta da vescovo, garantendo anche un prossimo ulteriore momento di incontro.
Aprendo l’omelia mons. Galantino ha ricordato la «incredibile influenza» esercitata da don Mazzolari sulla sua vita «di uomo e di credente». Per questo ha parlato di «pellegrinaggio verso i luoghi e nel nome» di don Mazzolari.
Prendendo spunto in particolare dalla pagina evangelica, Galantino ha anzitutto riflettuto sulla relazione tra il Pastore e il gregge, con «la necessità di tenere vivo il nostro rapporto con Gesù» che «si rende tanto più necessario quanto più cresce il proliferare di leader e leaderini, di guru e di visionari interessati, di faccendieri e replicanti senza scrupoli, un proliferare che fa spesso perdere di vista ciò che, realmente e al di là delle autopromozioni, ci rende “gente di Pasqua”». E ancora: «Non è certo un bello spettacolo quello al quale, tante volte, in nome di questa o quella giustificata sensibilità (che qualcuno chiama “carismi”), siamo costretti ad assistere nelle nostre comunità: gruppi che considerano un metodo di formazione come l’unico che porta alla salvezza, e gruppi che presentano un modo di stare insieme come l’unico di fare autentica comunità».
Quindi, con un riferimento al brano evangelico e insieme alla figura di don Mazzolari e a Papa Francesco, mons. Galantino ha riflettuto sul «modo di essere Chiesa oggi». «Come cristiani – ha detto – dobbiamo vivere e sentirci parte di una Chiesa che è più grande del nostro gruppo. Il nostro essere Chiesa necessita di un respiro più ampio di quello al quale ci abituano certe proposte in circolazione nei nostri ambienti».
E ancora a proposito del rapporto tra Pastore e pecore, mons. Galantino ha citato quanto scritto nel giugno del 1949 da don Mazzolari su Adesso: «Non conosciamo più le nostre pecore, non sappiamo chiamarle per nome una a una. Crediamo che possa bastare il generico, mentre c’è un bisogno di essere capiti come siamo e di essere portati a spalla, sull’esempio del Buon Pastore. Ne viene di conseguenza che se non andiamo a cercarli dove sono, se non li comprendiamo come sono, se non li amiamo come sono, qualcuno lo potremo trapiantare nell’orto del presbiterio, ma la massa resterà fuori anche quando un richiamo spettacolare ce la porterà in processione o in chiesa”. E qui il pensiero è andato al recente viaggio di Papa Francesco nell’isola di Lesbo.
Dopo aver citato ancora un passo di don Mazzolari, pronunciato a Rho proprio commentando l’odierno brano di Vangelo, il segretario della CEI ha richiamato i «verbi dell’intimità» tra il Pastore e le pecore, con un richiamo anche alla Giornata per le vocazioni che si celebrava in questa domenica. «Quando nelle nostre comunità – ha affermato – manca il desiderio di vivere così il nostro rapporto con Gesù è inevitabile che si facciano strada altri modi di pensare e di vivere. Si possono fare strada quelle tentazioni più volte stigmatizzate da don Primo, come la tentazione di stare nel mondo con l’unico obiettivo di aggirare gli ostacoli con abilità assicurandosi posizioni di potere/prestigio oppure garantendosi dietro il paravento del Vangelo vantaggi di corto respiro». E ancora citando don Mazzolari: «Chi ama non cerca mai l’affare, non fa commercio del suo amore».
Necessario, dunque, un continuo confronto con la Parola «che è spada e tritolo – ha affermato ancora citando don Mazzolari –, che spacca e sommuove, sa urlare e imprecare; è una grazia che bisogna domandare, a costo di finire come di solito finiscono i profeti. Questa Parola che non rende, che brucia e consuma chi la porta, è la sola che il popolo può ancora capire».
Dopo la Messa i tre Vescovi si sono recati in visita alla Fondazione “Don Primo Mazzolari” e alla mostra di pittura in onore di don Primo allestita nella chiesa di S. Francesco: la personale di Elisa Erroi dal titolo “Il Tuo volto io cerco”.