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«Stiamo per assistere a un momento di grande partecipazione collettiva all’interno di un luogo tanto significativo come la Cattedrale di Cremona che ogni giorno permette di celebrare per i credenti la memoria del Signore. La dedicazione dell’altare, la terza della storia quasi millenaria della Cattedrale, si ricollega anche al nostro patrono sant’Omobono che da poco abbiamo celebrato nella ricorrenza annuale. Questa serata arriva dopo il lungo e tragico periodo della pandemia. Per questo ricorderemo insieme i cremonesi morti per il Covid e tra loro anche monsignor Alberto Franzini, amato e indimenticato parroco della nostra Cattedrale». Un applauso sentito e commosso ha accolto le parole di mons. Attilio Cibolini, rettore della Cattedrale, che nella serata di venerdì 25 novembre in un Duomo gremito ha introdotto l’esecuzione della cantata “Pater pauperum”, dedicata al santo patrono «padre di poveri». Un affresco musicale composto dal maestro cremonese Federico Mantovani, ed eseguito dal Coro Polifonico Cremonese, la Camerata di Cremona, solisti e voci recitanti e orchestra sinfonica dei Colli Morenici. Il concerto è stato diretto, per volontà dello stesso compositore, del maestro Marco Fracassi, che commissionò a Mantovani la prima esecuzione dell’opera nel 1999.
«Sono estremamente emozionato nel riproporre a distanza di 15 anni dall’ultima esecuzione del 2007 la cantata Pater pauperum – racconta orgoglioso il maestro Mantovani -. È un momento importante per tuti noi riproporre la cantata questa sera dopo due anni difficili a causa della pandemia, due anni dolorosi per questa città come per tuto il mondo, e che per questo assume un significato diverso. Se possibile, ancora più profondo”.
Chiude gli occhi, il maestro Fracassi, mentre le mani si posano sulla prima pagina dello spartito. Un modo per astrarsi, una breve pausa che separa la fine degli applausi dal silenzio che precede la prima nota.
Una serata di musica nella Cattedrale rinnovata con l’adeguamento liturgico del presbiterio e per festeggiare il patrono sant’Omobono a 60 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II e a 50 anni dalla fondazione della Caritas diocesana.
Un pubblico partecipe quello che ha seguito il susseguirsi di note in rigoroso silenzio. Dalla prima sino all’ultima fila. La musica traccia strade, i suoni suggeriscono percorsi. Sono moti da luogo e moti a luogo. Dal profondo di se stessi al pubblico che ascolta.
Un lavoro artistico articolato in quattro sezioni, come a scandire le tappe fondamentali del percorso di santità di Omobono Tucenghi. Se il racconto biografico è affidato alle voci recitanti, il commento spirituale è intonato dai solisti e dal coro accompagnati dall’orchestra, che in molti momenti sostiene anche la recitazione.
Ad interpretare la Cantata, il soprano Linda Campanella, il contralto Masako Tanaka Protti, il tenore Cosimo Vassallo, il baritono Marco Granata, le voci recitanti Alberto Branca e Michela Zaccaria, insieme al Coro Polifonico Cremonese, al Coro de La Camerata di Cremona e all’Orchestra Sinfonica dei Colli Morenici.
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Il suggestivo concerto, realizzato grazie al sostegno della Fondazione Arvedi-Buschini e con il patrocinio dell’Assessorato alla cultura del Comune di Cremona, si è collocato, per volontà del vescovo Antonio Napolioni, all’interno del programma celebrativo della festa patronale e nella suggestiva cornice del massimo tempio cittadino dopo i lavori di adeguamento liturgico con la cantata Pater pauperum che nella Cattedrale di Cremona ha saputo rappresentare un omaggio, profondamente sentito e vissuto, alla figura di un santo antico e moderno nello stesso tempo in grado di attingere all’esperienza cristiana e allo spirito più profondo delle Scritture per compiere con radicalità un’azione di testimonianza per i suoi contemporanei e, dopo tanti secoli, anche per suoi concittadini di oggi.
Presenti le massime autorità civili, il Capitolo della Cattedrale con il vescovo Antonio Napolioni e il vicario generale don Massimo Calvi e la famiglia Arvedi.
«Ero sicuro dell’eccezionalità artistica alla quale avremmo assistito – ha affermato il vescovo Antonio Napolioni al termine del concerto -. Non possiamo che essere grati al maestro Federico Mantovani, al maestro Fracassi, ai cori, ai solisti e tuti gli esecutori che hanno reso possibile un’esperienza culturale e musicale di questa portata. Le reliquie non cantano ma i figli sì. E se qui sotto le reliquie del Santo custodiscono la memoria più sacra di Cremona, il canto di stasera che tuti abbiamo coralmente ascoltato, sono certo, ci segnerà nel profondo».