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Nel tardo pomeriggio di sabato 16 settembre, le comunità di Romanengo, Casaletto di Sopra e Melotta hanno accolto come nuovo parroco don Massimo Cortellazzi, già collaboratore parrocchiale di Casaletto di Sopra e Melotta, che a Romanengo prende il testimone da don Emilio Merisi, diventato collaboratore parrocchiale ad Arzago d’Adda e Casirate d’Adda.
L’accoglienza del nuovo parroco è iniziata intorno alle 18 davanti alla casa di riposo Opera Pia Vezzoli di Romanengo, solennizzata dal suono della banda che ha quindi accompagnato il corteo, formato dalle autorità, le associazioni presenti sul territorio e alcuni fedeli, oltre a don Cortellazzi insieme al Vescovo e agli altri sacerdoti concelebranti, verso il sagrato della chiesa parrocchiale dei Ss. Giovanni Battista e Biagio dove i sindaci di Romanengo Attilio Polla e di Casaletto di Sopra Roberto Moreni hanno tenuto i loro discorsi di benvenuto.
«Caro don Massino, le do il benvenuto davanti alla nostra bellissima chiesa interessata dai lavori di rifacimento del tetto, lavori di manutenzione», le parole del primo cittadino romanenghese che ha ripreso quelle dello stesso don Cortellazzi: «Siamo manutentori dell’opera del Signore. Voglia considerare tutti noi come suoi operai».
Il sindaco di Casaletto di Sopra si è unito ai saluti e ai ringraziamenti del collega, manifestando tutta la sua gratitudine nei confronti del Vescovo che ha nominato come parroco don Cortellazzi, già conosciuto alle comunità di Casaletto di Sopra e della frazione Melotta, certo che la scelta di uno stesso parroco per le tre comunità faciliterà il «percorso amministrativo iniziato anni fa e che adesso trova compimento anche nella parte ecclesiastica».
Il saluto dei sindaci Polla e Moreni
Subito dopo è iniziata la celebrazione solenne, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e animata con il canto dalla corale parrocchiale. Presenti in chiesa, oltre ai numerosi nuovi parrocchiani di don Massimo, tanti soncinesi, tra cui le suore dell’istituto Sacra Famiglia, che, insieme agli altri sacerdoti di Soncino, hanno voluto accompagnare don Cortellazzi in questo importante momento del proprio ministero.
Il vicario zonale don Gianbattista Piacentini ha avuto il compito di leggere il decreto di nomina, cui sono seguiti l’aspersione dell’assemblea e l’incensazione dell’altare da parte del nuovo parroco. Quindi un rappresentante della parrocchia ha letto il saluto di benvenuto da parte della comunità e a don Cortellazzi è stata regalata una casula verde perché – come ha specificato il rappresentante del Consiglio pastorale parrocchiale – il nuovo parroco possa «essere pastore e compagno nella quotidianità».
Il saluto del rappresentante parrocchiale
Il vescovo Napolioni, nella sua omelia, ha ricordato che a un nuovo parroco non è chiesto di compiere miracoli: «l’essenziale non è mostrare i muscoli, ma la necessità più profonda è che tutti conoscano nell’amore di Dio Padre». La tentazione più grande, ha continuato il Vescovo, è «vivere per se stessi, mentre bisogna ricordarci che la vita è un dono e noi abbiamo un debito di gratitudine nei confronti della fonte della Vita».
Il compito del parroco è quindi quello di «far trafficare il perdono di Dio, che diventa perdono fraterno». E ha concluso invitando don Cortellazzi e tutti i sacerdoti presenti a mettersi in ascolto e a confessare, perché «il Vangelo ci chiede di tuffarci nella misericordia del Padre che noi possiamo far circolare».
Omelia del vescovo Napolioni
La celebrazione eucaristica è terminata con il saluto del nuovo parroco, che ha accolto l’invito del Vescovo e si è dichiarato a servizio delle comunità come «curatore d’anime».
«Nella mia esperienza ho incontrato quattro tipi di anime», ha detto don Cortellazzi. «Ci sono quelle combattenti, che vogliono fare la guerra all’ignoranza. Ci sono quelle che cercano l’appartenenza. E ci sono le anime che cercano la propria vocazione». L’ultimo tipo di anima descritta da don Massino è stata quella che, secondo papa Francesco, ha più bisogno: l’anima che sente «l’urgenza della misericordia». «Il mio e nostro impegno – ha concluso il nuovo parroco – è quello di far collaborare tutti questi tipi di anime».
Il saluto del nuovo parroco
Per continuare la festa, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato organizzato un rinfresco in oratorio per celebrare convivialmente l’arrivo del nuovo parroco e alle 21, presso il teatro, è stato messo in scena uno spettacolo.
Biografia del nuovo parroco
Don Massimo Cortellazzi, classe 1973, originario di Ponteterra, è stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1998. Dal 1998 al 2002 è stato vicario della parrocchia “S. Maria Assunta” in Cremona e mansionario della Cattedrale. Successivamente è stato vicario delle parrocchie “S. Maria Annunciata”, “S. Maria Assunta e S. Cristoforo” e “Ss. Martino e Nicola” in Viadana (2002-2009) e di quella di Vailate (2009-2014). Nel 2014 è stato nominato collaboratore parrocchiale di Isengo e Soncino, e l’anno successivo anche di Casaletto di Sopra e Melotta. Di queste due parrocchie ora è stato nominato parroco insieme a quella di Romanengo, Melotta.
Il saluto di don Massimo Cortellazzi
Carissimi battezzati di Romanengo, Casaletto di Sopra e Melotta: il Signore sia con voi! Il primo ringraziamento lo rivolgo al Vescovo Antonio, che mi ha accordato una grande fiducia, alla quale cercherò di rispondere con l’impegno necessario. Ringrazio i parroci che vado a sostituire in questo avvicendamento, don Emilio Merisi e don Giuseppe Nevi. Se anche non arriverò alla stessa perspicacia amministrativa, spero di dare continuità almeno a quella pastorale. Nel contempo ringrazio della loro amicizia don Mario Marinoni (ex parroco), don Fabrizio Ghisoni, don Gabriele Barbieri, don Paolo Tomasi e il diacono Raffaele Ferri, con i quali ho condiviso l’impegno pastorale negli ultimi anni nell’Unità Pastorale di Soncino, Isengo, Casaletto di Sopra e Melotta. Provengo da un paesino della bassa mantovana, Ponteterra – per lo più sconosciuto – frazione di Sabbioneta – decisamente più nota – cittadina gonzaghesca. Nato nell’ormai lontano 1973, sono il terzo e ultimo figlio di Abele e Rosa, che non ringrazierò mai abbastanza. Fui accettato nel 1991 all’interno della comunità del Seminario diocesano di Cremona e il 20 giugno 1998 fui ordinato prete. Mi sono occupato finora di tre oratori, nella parrocchia della Cattedrale di Cremona, in quella di Viadana Castello e poi di Vailate, accumulando 17 anni di esperienza in quell’ambito, insieme a quello dell’Insegnamento della Religione Cattolica nei vari istituti che in quelle parrocchie sorgono. Negli ultimi otto anni sono stato assegnato come Collaboratore all’Unità Pastorale di Soncino. Da quando sono prete ho studiato un po’ di filosofia all’Università di Parma e di psicologia all’Università di Bergamo. Strimpello pianoforte ed organo, avendo anche frequentato qualche Conservatorio e Accademia di musica. Completo il quadretto dicendo che non mi è mancata l’occasione di dedicarmi alla direzione dei cori parrocchiali dove sono capitato e alla composizione. Un ringraziamento particolare lo rivolgo anche al Corpo Bandistico della Città di Vailate, col quale ho collaborato intensamente anche in epoca recente come direttore ospite. L’ultima esplorazione è stata quella nel cosiddetto “mondo del lavoro”, essendo stato assunto come autista di autobus turistici per circa un anno e mezzo presso una ditta di Offlaga (BS). Ho la gioia di avere cinque bravi nipoti, che normalmente trascuro, ma che non lo fanno pesare in alcun modo. Venendo a noi. Siamo dei manutentori: la vita che abbiamo, la fede che ci guida, la parrocchia che abitiamo, non le abbiamo inventate noi. Ce le siamo trovate dentro e di fronte, come cosa nostra. Ma anche intorno e sopra, come cose molto più grandi di noi. In ogni caso, quello che realmente rimane in nostro potere è la loro manutenzione. Essere un manutentore comporta una profondità speculativa, uno spessore umano ed una intelligenza emotiva, che rivelano la grandezza dell’essere umano, anche quando non abbia in repertorio le parole precise per descriverli. Il manutentore, a patto che non ripeta all’infinito, compulsivamente, lo stesso gesto, come un forsennato che spolveri anche i rami dei platani sul ciglio della strada, di fronte all’oggetto del suo lavoro, prima di cominciare, risponde principalmente a quattro domande, questioni che accompagnano dalle origini la più seria indagine filosofica del mondo occidentale. Per questo parlo di profondità speculativa. Il manutentore si chiede innanzitutto: Che cos’è? Poi: Come funziona? Quindi: A cosa serve? Infine: Che valore ha? Il suo lavoro, con o senza parole, manifesta come abbia risposto a queste domande. Che si tratti del pavimento del bar dell’oratorio o della salute o della propria fede cristiana, il compito è la manutenzione. Non c’è alternativa. Anche non far nulla è manutenzione. Con il segno “-” (meno) davanti. E parlo di spessore umano perché il manutentore fa quello che è necessario. Anche quando ci si sporca le mani. Anche quando la puzza scoraggerebbe chiunque. Il manutentore sa che quella cosa è da fare. E non diserta. Parlo di intelligenza emotiva perché il manutentore deve trovare dentro di sé il punto di equilibrio dell’ansia, della fretta, dell’ira, della noia, dello stress e di mille altre variabili interiori. Perché il suo lavoro va fatto con calma e precisione. Altrimenti l’aereo cade. E qualcuno si fa del male sul serio. Pertanto la “metafora” o “immagine” od “orizzonte” o “sfondo integratore”, che preferisco nel raccontare la vita o la comunità cristiana è il “cantiere” della manutenzione, come diceva il nostro Vescovo Antonio nel 2016. Il quale, come sapete, ha trovato il tempo di scrivere una lettera indirizzata proprio a noi, al termine della Visita pastorale del gennaio di quest’anno. Da buon supervisore (episcopo) ci ha indicato alcune priorità e attenzioni, che dovremo insieme tradurre in processi, con la Sapienza, l’Intelletto, il Consiglio, la Fortezza, la Scienza, la Pietà e il Timore di Dio, che lo Spirito vorrà accordarci. Buon lavoro a tutti!
Don Massimo
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