È un legame continuo e profondo quello che lega i cremonesi alla Madonna lauretana. Una storia di devozione che si snoda dal 1624 (anno di fondazione della Santa Casa in Sant’Abbondio) fino ad oggi. Senza interruzione.
Lo testimoniano i documenti d’archivio e le cronache di manifestazioni, processioni, celebrazioni solenni raccontate da Angela Bellardi, presidente della Società storica cremonese, già direttrice dell’Archivio di Stato di Cremona, il pomeriggio del 28 ottobre al Centro pastorale diocesano di Cremona. L’occasione è stata il quarto incontro della rassegna ideata dalla Parrocchia di Sant’Abbondio, in collaborazione con la Società storica cremonese, per sottolineare i 400 anni della fondazione della copia cremonese della Casa di Nazareth. Un ciclo particolarmente apprezzato dai cremonesi che, anche in questo caso, hanno riempito tutti i posti a sedere di sala Spinelli.
A introdurre la relatrice sul tema “Feste, ricorrenze e manifestazioni della devozione popolare dal 1630 alla metà del XIX secolo” è stato, don Andrea Foglia, in duplice veste di storico e parroco di Sant’Abbondio.
«I documenti presenti nell’archivio parrocchiale, in quello diocesano e in quello di Stato non sono numerosi. Bisogna far riferimento allo scritto del padre teatino Francesco Mazzetti – ha spiegato Bellardi – che racconta le solenni celebrazioni». Prima fra tutte la traslazione della statua della Madonna dalla Cattedrale a Sant’Abbondio il 1° maggio del 1624 (rito tutt’oggi ripetuto). A questo evento fecero seguito fenomeni importanti di devozione popolare e racconti di episodi miracolosi illustrati anche in parecchie tavolette ex voto. Ed è su questi quadretti che si vede una statua “vestita” così come è stata recentemente sistemata l’effige che da tanti anni invece era senza l’abito per lei pensato.
Tanta devozione dunque nel 1624, cui seguono anche tante concrete testimonianze di affetto fatte di doni preziosi (catenine, anelli con diamanti) su cui la comunità vuole vegliare nominando tre nobili cittadini quali controllori dell’uso che i teatini facevano di questi beni. Ma il controllo non basta: il nobile Giovan Pietro Ala nel 1625 si rivolge ai decurioni (con un discorso di cui oggi abbiamo traccia scritta) perché non siano solo i singoli cittadini a donare, ma anche la comunità civile intera è opportuno che mostri riconoscenza alla Vergine. E tale discorso sortirà anche un calice d’oro per la Madonna (di cui però non si hanno tracce). Tutta la città, dunque, attraverso i Teatini e le celebrazioni della prima domenica del mese, mostra la sua attenzione alla Vergine e in più occasioni una profonda riconoscenza per averli protetti da cataclismi ed epidemie.
Una prima incoronazione solenne della Vergine avviene nel 1624; ne seguirà una ancor più sfarzosa nel 1634 con il dono, da parte della comunità cittadina, di una corona non ritenuta all’altezza e quindi resa ancor più ricca e sfarzosa grazie alle offerte dei fedeli. Anche perché, secondo i racconti, si doveva alla Madonna la fine della peste del 1630 che tanto aveva mietuto morte (compresa quella del nobile Ala che aveva voluto la Santa Casa ed è sepolto presso la stessa).
Poi la devozione nel tempo si affievolisce, riprendendo corpo nel 1711 quando «il Consiglio generale della città accoglie le richieste dei Teatini di ripresa del culto», ha spiegato Bellardi. Tante piccole tappe di storia mariana conducono al 1732, anno della nuova solenne celebrazione di incoronazione per mano del vescovo Alessandro Litta. Stesso anno in cui anche l’altare della Santa Casa subirà un ammodernamento con l’opera firmata dall’artista cremonese Giambattista Zaist.
E da qui, tra documenti e cronache (firmate a fine 1700 e inizio 1800 anche dal sagrestano del Duomo Luigi Corsi) viene fuori un rapporto sempre stretto ma tribolato tra il Comune e la Parrocchia, spesso in cerca di fondi per sovvenzionare la decorazione del Duomo e della Santa Casa, insieme alle sfarzose processioni. I Teatini prima e la Parrocchia poi chiedono aiuti economici, la comunità civile presta ma vuole indietro in un “tira e molla” dove le offerte dei fedeli colmano i bisogni finanziari. Resta un punto fermo: una devozione cittadina per “una Vergine protettrice” mai dimenticata.
Da ricordare l’arco posto a cavallo del vicolo lauretano di cui non si hanno documenti prima del 1851, anno in cui il Comune (pur non concedendo fondi ma chiedendo sempre suppliche alla Vergine) dette il benestare alla fabbriceria per il restauro della tavola su rame appesa all’apertura del vicolo.
Prossimo e ultimo appuntamento mercoledì 6 novembre (sempre alle 17 al Centro pastorale diocesano di Cremona) con il curatore del Museo diocesano di Cremona, Stefano Macconi, che focalizzerà l’attenzione su “Un nucleo unitario di ex voto: le tavolette dipinte, nella prima metà del XVII secolo”.
Il IV Centenario del santuario lauretano si concluderà ufficialmente giovedì 31 ottobre con la Messa presieduta alle 18 in Cattedrale dall’arcivescovo Mario Delpini, cui seguirà la processione con la statua della Madonna nera alla Santa Casa di Sant’Abbondio [per saperne di più cliccare qui].
Don Foglia con la storia della Santa Casa di Sant’Abbondio ha aperto il ciclo di incontri promosso da Parrocchia e Società storica cremonese
Giovan Pietro Ala e la Santa Casa di Cremona nella conferenza del prof. Emilio Giazzi
San Giuseppe custode della casa di Nazareth
Stabat Mater, a Sant’Abbondio la meditazione della teologa Isabella Guanzini