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“Una nuova speranza”: un weekend per gli educatori Acr e Giovanissimi

 

Sabato 19 e domenica 20 ottobre gli educatori ACR e i Giovanissimi dell’Azione Cattolica diocesana si sono riuniti presso il Seminario Vescovile di Cremona per un weekend formativo dal titolo “Una Nuova Speranza”. In un contesto segnato da sfide e incertezze, il tema della speranza ha offerto momenti di riflessione e attività pratiche che hanno stimolato il dialogo e l’approfondimento.

Questo concetto assume un significato ancora più profondo in vista del Giubileo del 2025, il cui motto sarà “Pellegrini di Speranza”, richiamando tutti a un cammino di rinnovamento spirituale e di impegno attivo nel mondo.

Il weekend è iniziato il sabato pomeriggio con una piccola mostra interattiva per stimolare la riflessione sul tema proposto. Successivamente, divisi in gruppi, è stata l’occasione per un confronto su riflessioni e spunti colti, scoprendo insieme delle buone notizie di speranza nel mondo. Il primo giorno si è concluso con un grande gioco serale: Lupus in Seminarium.

La giornata di domenica ha visto tre relatori proporre laboratori su diversi aspetti della speranza, offrendo ai partecipanti la possibilità di scegliere quello più affine a sé stesso.

Per il primo laboratorio è stato invitato Andrea Bassani, insegnante di IRC e responsabile del podcast Torrazzo con vista, che durante il suo intervento ha esplorato i segni di speranza nascosti nel mondo del lavoro, nella Chiesa universale e nelle questioni climatiche, aiutando a riconoscerli nei contesti più complessi.

Il secondo, guidato dalla psicologa e psicoterapeuta Sofia Spernicelli, si è incentrato sulla speranza di trovare il proprio posto nel mondo, con la narrazione come strumento per la consapevolezza di sé e la costruzione del proprio cammino.

Giulia Ghidotti, educatrice socio-pedagogica, che ha tenuto il terzo laboratorio, ha collegato la speranza all’educazione, riflettendo su come le relazioni educative siano spazi in cui la speranza può nascere e crescere.

Il weekend si è concluso con la celebrazione della Messa, un momento di ringraziamento e di condivisione comunitaria.

«Questi due giorni – sottolineano dall’équipe diocesane Giovanissimi e Acr – hanno rappresentato un tempo prezioso per riflettere sulle esperienze vissute e su come la speranza possa essere una guida concreta nelle sfide quotidiane. Le attività svolte hanno aiutato educatori e ragazzi a comprendere che la speranza non è solo una risposta alle difficoltà, ma una forza che ci spinge a guardare avanti con fiducia e impegno. Come pellegrini di speranza, siamo chiamati a costruire insieme un futuro più giusto e solidale, lasciandoci ispirare da questa forza che illumina il nostro cammino».




Dilexit nos. Papa Francesco: “La società mondiale sta perdendo il cuore”

“Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”. Ne è convinto Papa Francesco, che nella sua quarta enciclica, “Dilexit nos” sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo, denuncia come la società mondiale “sta perdendo il cuore” a causa di “un individualismo malsano”.

“Tutto si gioca nel cuore”,

la tesi controcorrente del Papa, “in una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia”. L’algoritmo è “standard”, il cuore no. Partendo da Omero e Platone e citando tra gli altri Heidegger e Dostoevskij Bergoglio afferma che, “in ultima analisi, io sono il mio cuore”, il solo “capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ma dove tutto può avere un senso”: l’anti-cuore, invece, “è una società sempre più dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità”. “Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore”, sostiene Francesco, che cita gesti quotidiani appresi dall’infanzia, come l’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne.

“Vedendo come si susseguono nuove guerre, con la complicità, la tolleranza o l’indifferenza di altri Paesi, o con mere lotte di potere intorno a interessi di parte, viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore”,

l’affermazione centrale del documento: “Basta guardare e ascoltare le donne anziane – delle varie parti in conflitto – che sono prigioniere di questi conflitti devastanti. È straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso. Veder piangere le nonne senza che questo risulti intollerabile è segno di un mondo senza cuore”.

“Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali”,

scrive il Papa citando la posizione del Concilio di fronte ai drammi del mondo e chiedendo “compassione per questa terra ferita, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore umano”.

“La devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo”,

raccomanda Francesco, osservando che “in mezzo al vortice del mondo attuale e alla nostra ossessione per il tempo libero, il consumo e il divertimento, i telefonini e i social media, dimentichiamo di nutrire la nostra vita con la forza dell’Eucaristia”. La secolarizzazione “aspira ad un mondo libero da Dio”, la denuncia: “A ciò si aggiunge che si stanno moltiplicando nella società varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore, che sono nuove manifestazioni di una spiritualità senza carne”. Di qui l’invito papale a rinnovare la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che “ci libera da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”. L’atteggiamento da imitare è quello di Santa Teresa di Gesù Bambino, la cui preghiera al Cuore di Cristo si può riassumere in tre parole: “Confido in te”. La devozione al Sacro Cuore è legata, inoltre, all’impegno personale e comunitario:

servono “missionari innamorati“, ma senza proselitismo: “Se ci allontaniamo dalla comunità, ci allontaneremo anche da Gesù. Se la dimentichiamo e non ci preoccupiamo per essa, la nostra amicizia con Gesù si raffredderà”.

“L’amore per i fratelli della propria comunità – religiosa, parrocchiale, diocesana – è come un carburante che alimenta la nostra amicizia con Gesù”, spiega il Santo Padre: “Gli atti d’amore verso i fratelli di comunità possono essere il modo migliore, o talvolta l’unico possibile, di esprimere agli altri l’amore di Gesù Cristo”, “in ogni fratello e in ogni sorella, soprattutto nei più poveri, disprezzati e abbandonati della società”. Ognuno di noi, la tesi del Papa, ha una missione da compiere in questo mondo, “con fiducia, con generosità, con libertà, senza paure”: “Se ti chiudi nelle tue comodità, questo non ti darà sicurezza, i timori, le tristezze, le angosce appariranno sempre. Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato”.

“Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”.

Così Bergoglio sintetizza il “filo rosso” che percorre tutto il suo magistero. “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro”, la denuncia nella conclusione nel testo: “L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito”, assicura Francesco: “Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. “Ne ha bisogno anche la Chiesa”.




Vescovo e dirigenti a confronto sulla scuola, che non può prescindere dall’impegno delle famiglie

 

Educazione, cultura, ma anche crescita e rispetto. Questi i temi al centro della mattinata di confronto tra il vescovo Antonio Napolioni e i dirigenti delle scuole, sia paritarie che statali, presenti sul territorio. Quello vissuto venerdì 25 ottobre al Centro pastorale diocesano di Cremona è stato un momento di condivisione e confronto in merito alle nuove sfide educative che caratterizzano il lavoro degli insegnanti e, più in generale, la crescita delle giovani generazioni.

«L’ordine del giorno è lo scambio di esperienze, narrazioni e testimonianza – ha spiegato il Vescovo introducendo l’incontro prima di lasciare la parola ai docenti –. Solo lo scambio di verità ci aiuta». Un incontro – promosso dalla Pastorale scolastica diocesana guidata da don Giovanni Tonani – che ha lasciato spazio anche a domande e attese, anche nei confronti di comunità ecclesiale fatta anche di uomini e donne che vivono il Vangelo nella realtà scolastica, nell’ottica di «quell’alleanza educativa che non va mai data per scontata, ha bisogno di manutenzione e creatività».

Dirigenti di istituti scolastici, insegnati della scuola dell’infanzia e presidi delle scuole primarie e secondarie della città e della territorio hanno risposto all’appello del vescovo. Nel confronto sono emerse alcune criticità comuni, ma anche notevoli potenzialità che possono diventare la giusta strada da seguire.

Gli insegnanti si sono trovati concordi sul fatto che negli ultimi anni l’ostacolo più difficile da superare è quello dell’ostilità ingiustificata che molti studenti riservano ai propri insegnanti. Frasi ingiuriose, gesti non consoni all’ambiente scolastico e mancanza di rispetto sono comportamenti problematici che sembrano avere come denominatore comune la noncuranza delle famiglie e una svalutazione della figura dell’insegnate da parte degli alunni, e a volte, anche degli stessi genitori. In aggiunta, l’uso incontrollato degli smartphone genera tensione negli studenti, che tendono a svalutare l’interazione con i compagni preferendo quella del social. «I modelli diventano quelli mediatici», ha rilevato il vescovo, «campioni di egocentrismo».

La soluzione ai problemi che oggi affliggono la scuola secondo i presenti deve nascere da un maggiore coinvolgimento delle famiglie. Da molti è stato sottolineato l’impossibilità di un processo educativo che non veda le famiglie come alleate (quando non addirittura in contrasto). Proprio per questo è necessario abbandonare le vecchie teorie pedagogiche, rimanere al passo con i tempi e provare metodi calibrati a misura di ogni classe e ogni ragazzo, anche a fronte dei nuovi bisogni dei giovani di oggi rispetto alle generazioni precedenti.

Non vanno però dimenticati gli insegnati e il loro stare in prima linea. È stato quindi auspicato un controllo costante dello stato d’animo dei docenti perché possano sempre essere all’altezza del compito da svolgere, aiutandoli dove possibile con tecniche e strumenti che strizzano l’occhio ad una forma di insegnamento 2.0. Una risposta già diffusa e applicata è per esempio quella della rimodulazione delle tempistiche scolastiche: creare un orario giornaliero che non generi ansia e affanno può sicuramente migliorare il rendimento degli alunni e nello stesso tempo favorire il lavoro degli insegnati.

Il messaggio è chiaro: la scuola ha sicuramente bisogno di una svolta, ma questa deve essere il risultato di un lavoro congiunto fra insegnanti e famiglie. Solo così sarà possibile formare come si deve i giovani che sono destinati ad essere gli educatori di domani.




La nuova edizione di Riflessi è una ricerca tra le sfumature della bontà

È online da questo fine settimana la nuova edizione di Riflessi Magazine. Il titolo del numero 53 del mensile digitale diocesano è Bontà: «Mica storielle allo zucchero filato o pose zen da “nerd del lieto fine”: la bontà è un’idea scomoda, una lotta con te stesso, una presa di posizione, spesso una sconfitta».

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Messe così al bando rappresentazioni dolciastre del «buon sentimento» Riflessi va in cerca del buono nella complessità delle vite che incontra: un ex rapinatore che oggi guida ambulanze, educatori che preferiscono essere «buoni maestri piuttosto che maestri buoni», una fumettista che disegna buoni e cattivi, studenti, sociologi e commercianti che osano sognare un’altra economia. Non manca un tuffo nella storia del gusto con la ricetta dei marubini cremonesi tramandati da generazioni di mamma in figlia (e poi nipote). E nemmeno le rubriche di Riflessi: poesia, musica, cinema e letteratura: «Di uomini buoni, di folli come don Chisciotte o il principe Myskin, io ne ho incontrati – si legge tra le pagine – e credo, che come me, molti altri si siano imbattuti in loro. Forse, insieme, dobbiamo solo farne memoria».




A Castelleone torna il “Novembre sociale” con tre incontri dedicati all’Intelligenza Artificiale

Torna a Castelleone l’iniziativa del “Novembre sociale”, con la quale il prossimo novembre la Parrocchia Ss. Filippo e Giacomo intende approfondire il tema dell’intelligenza artificiale, di estrema attualità e in merito al quale Papa Francesco nel 2024 ha deciso di dedicare sia la Giornata mondiale della pace che la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

Tre gli appuntamenti, in programma il prossimo novembre presso l’Oratorio di Castelleone con esperti qualificati che guideranno in un viaggio all’interno di questo tema di grande peso ed attualità. Il taglio degli incontri non intende limitarsi agli aspetti tecnologici e scientifici, ma vuole aiutare a riflettere sulle implicazioni che l’Intelligenza Artificiale ha nella comprensione che l’uomo ha di sé, della propria vita e del mondo, esplorando gli ambiti che interrogano l’umano e suscitano questioni etiche.

Primo appuntamento domenica 3 novembre alle 17.45 con il filosofo Silvano Petrosino, professore ordinario di Antropologia filosofica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che affronterà il tema “La razionalità umana: tra ragione e intelligenza”

Lunedì 11 novembre alle 20.45 don Luca Peyron parlerà de  “Lo spazio che ci è dato: vivere e credere al tempo dell’intelligenza artificiale”. Il sacerdote della diocesi di Torino coordina il Servizio per l’Apostolato digitale ed è membro del Consiglio scientifico dell’Humane Technology Lab dell’Università Cattolica.

Infine, domenica 24 novembre alle 17.45 sotto la lente ci saranno “IA e robotica: dinamiche psicologiche e sfide applicative” grazie all’intervento di Federico Manzi, ricercatore di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione della Facoltà di Scienze della Formazione e impegnato nel Centro di ricerca sulla teoria della mente e competenze sociali nel ciclo di vita del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

«Nella fase storica che stiamo vivendo – spiegano gli organizzatori – si tratta davvero di un argomento cruciale. I campi di applicazione dell’IA sono innumerevoli e notevoli: l’editoria, l’istruzione, la domotica, l’industria automobilistica, la medicina diagnostica e terapeutica, solo per fare alcuni esempi. Per questa ragione l’interesse nei suoi confronti è in crescita, così come, tuttavia, anche la preoccupazione che essa possa impattare negativamente nella nostra vita, poiché come tutte le scoperte, non è scevra da rischi di diverso tipo. Inoltre, non disgiunta dal tragico moltiplicarsi delle guerre, assistiamo alla crescita esponenziale di strumenti digitali, non solo di natura bellica, che hanno il potenziale di cambiare in brevissimo tempo le vite di interi popoli, di mettere a rischio la sopravvivenza dell’umanità e di porre in pericolo il nostro pianeta. Tali mezzi, spesso, sono pericolosamente creati per lavorare in modo autonomo e anonimo e quindi per sottrarsi a qualsiasi tipo di controllo».

«Pertanto – proseguono gli organizzatori – come il Papa ha sottolineato nel suo Messaggio: “L’immensa espansione della tecnologia deve essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo”. Proprio il Pontefice chiede di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, affinché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune. Chiede anche di estendere la riflessione etica al campo dell’educazione e del diritto, affinché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo. È quindi necessaria, ad opera di tutti, una approfondita conoscenza della materia con l’obiettivo, da un lato, di evitare demonizzazioni, ma ponendo dall’altro l’accento sulle scelte personali e sociali che portino ad utilizzare l’intelligenza artificiale come risorsa, anche attraverso una adeguata regolamentazione».

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A Pieve d’Olmi l’ultimo saluto a don Garattini, «non un uomo di chiacchiere, ma di relazioni»

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«Un uomo non di chiacchiere, ma di relazioni», «annunciatore del Vangelo, ministro della Chiesa», così il vescovo Antonio Napolioni nella mattinata di giovedì 24 ottobre ha ricordato don Emilio Garattini nelle esequie presiedute nella chiesa di Pieve d’Olmi, dove il sacerdote 74enne era parroco dal 2003.

Funerali ai quali hanno preso parte centinaia di persone, che si sono strette attorno al fratello e alla sua famiglia nell’ultimo saluto a un prete la cui morte inaspettata ha profondamente shoccato tutto il paese e non solo. Il corpo senza vita di don Garattini, infatti, è stato ritrovato la mattina del 21 ottobre senza vita in oratorio, dove è morto la sera precedente a causa di un malore.

Gremita la chiesa di San Geminiano per i funerali presieduti dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrati dal vescovo emerito Dante Lafranconi e dal vicario generale mons. Massimo Calvi insieme a numerosi altri confratelli. Nelle prime file anche il sindaco di Pieve d’Olmi, Stefano Guastalla, e Massimo Caravaggio, vicesindaco di Gombito, dove don Garattini era stato parroco per sedici anni dal 1987 al 2003. E non mancava anche una rappresentanza di Coldiretti Cremona, di cui il sacerdote era consigliere ecclesiastico.

«Oggi don Emilio – ha detto il vescovo Napolioni nell’omelia – porta a compimento il suo più segreto desiderio. Non certo un desiderio di morte odi interrompere i rapporti con coloro che amiamo: lui aveva voglia, eccome, di continuare il suo servizio». Un desiderio che per i cristiani «è il più segreto», e cioè «che la vita giunga a compimento»: «Secondo il Signore – ha detto il vescovo – questo consiste nel servire, nel condividere, nello stare a fianco gli uni gli altri, nel camminare umilmente con Dio tra i viventi».

E riprendendo la Lettera di Paolo agli Efesini (3,14-21) monsignor Napolioni ha proseguito: «Io piego le ginocchia, ma piego le ginocchia davanti al Padre. Muoio come sono vissuto: davanti al Padre». E allora la morte non è più qualcosa che fa a paura, ma diventa il mezzo con il quale si torna a Dio. E don Emilio «oggi è tornato a casa» e «in quella casa trova il padre con la “p” minuscola e il Padre con la “p” maiuscola».

Le parole dell’apostolo Paolo rappresentano dunque un testamento, un augurio e un desiderio a diventare pastori e missionari, un messaggio che «raccogliamo nella semplice, umile, generosa vita sacerdotale di don Emilio: che il Cristo abiti, per la fede, nei nostri cuori. Questo è ciò che ci chiede: continuate a credere. Questo dolore, questa prova, non diminuisca ma aumenti la nostra fede». 

«I santi ci fanno tanto bene dal Cielo: volete che dal Cielo non ce ne faccia un po’ anche lui?», ha chiesto il vescovo al termine dell’omelia. «Adesso guarda Colui che ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare. Lui che è quella fonte di amore che rende bella ogni amicizia, ogni piccolo gesto, una pastasciutta in oratorio come un’adorazione in chiesa. È davvero Lui l’orizzonte che ora egli contempla e dal quale ci aiuta a continuare il cammino».

 

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine dei funerali, la salma di don Emilio Garattini è stata portata a Soncino, il suo paese d’origine. Nel pomeriggio, alle 14.30 la celebrazione eucaristica nella chiesa della Pieve; al termine la tumulazione nel cimitero locale, accanto ai genitori e alla zia suora.

 

Profilo biografico di don Garattini

Classe 1950, originario di Soncino, don Emilio Garattini è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1974. Ha iniziato il proprio ministero come prete novello a Soresina (1974-1976) e successivamente a Romanengo (1976-1985). Nel 1985 è stato nominato parroco di San Latino, incarico cui dal 1987 ha unito anche quello di parroco di Gombito.

Dal 2003 era parroco di Pieve d’Olmi.

Tra i suoi incarichi pastorali anche quello di consigliere ecclesiastico di Coldiretti Cremona dal 2007 al 2017 e di nuovo dal 2020.

Tra il 2016 e il 2017 era stato amministratore parrocchiale di Isola Pescaroli.

La morte, improvvisa, è avvenuta nella serata del 20 ottobre a causa di un malore all’oratorio di Pieve d’Omi, dove l’indomani è stato ritrovato il corpo senza vita.

 

 

Coldiretti Cremona ricorda don Garattini, da tanti anni consigliere ecclesiastico




AC, con Dialogo “tutto ricomincia”

Dialogo, il periodico dell’AC cremonese, riprende dopo la pausa estiva e propone ai suoi lettori due percorsi di riflessione, entrambi riconducibili al motto: “Tutto ricomincia!

Ricomincia l’attività di Azione Cattolica con l’avvio di un nuovo triennio associativo. Ed è l’occasione per fare tesoro del passato (anche ricordando l’opera degli amici defunti Liliana Vezzoli e Luigi Zambini) e per leggere con lucidità gli attuali “segni dei tempi”, coinvolgendo tutti quanti gli associati nei progetti per l’immediato futuro. Lo afferma efficacemente il presidente Emanuele Bellani nell’intervista che ha rilasciato a Paola Bignardi.

Ma c’è un altro re-inizio, in ambito locale e universale, quello dell’imminente Giubileo. “Tutto ricomincia” perché proporre il Giubileo significa “proporre il ritorno all’innocenza originaria, alle condizioni di armonia del primo giorno. È un modo per esprimere il desiderio e l’impegno a togliere quegli ostacoli, quelle condizioni che nel tempo hanno offuscato il volto bello della relazione degli uomini e delle donne con Dio, con fratelli e sorelle, con la società e le sue strutture” (Paola Bignardi).

Il Giubileo è tempo di conversione e di riconciliazione per ritrovare il rispetto del creato, per condonare i debiti, per liberare gli schiavi. Nei prossimi numeri Dialogo affronterà ad uno ad uno questi diversi aspetti considerandoli nelle forme in cui oggi essi ci si presentano.

 

Leggi l’ultimo numero di Dialogo




Santi e Defunti, il programma delle celebrazioni

La Segreteria vescovile ha comunicato le celebrazioni che monsignor Antonio Napolioni presiederà in occasione della solennità di Tutti i Santi e nella commemorazione di tutti i fedeli defunti.

Venerdì 1° novembre il vescovo presiederà la solenne Eucaristia della solennità di Tutti i Santi alle 11 in Cattedrale. La celebrazione sarà trasmessa in diretta televisiva su CR1 (canale 19) e in streaming sui canali web e social della Diocesi.

Sabato 2 novembre, commemorazione di tutti i fedeli defunti, saranno due gli appuntamenti in programma: alle 15 monsignor Napolioni presiederà come consueto la preghiera in suffragio dei defunti al Cimitero di Cremona (diretta sui canali web e social della Diocesi); mentre alle 18 presiederà l’Eucaristia in Cattedrale.

Sarà invece il vescovo emerito Dante Lafranconi a presiedere, come tradizione nel pomeriggio del 3 novembre alle 18 in Cattedrale, la Messa in ricordo dei vescovi defunti.

 

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“Nato ai bordi di periferia”, due proposte di esercizi spirituali di Avvento al Santuario di Caravaggio

Il Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio è meta di pellegrinaggio per molti credenti che lo raggiungono per ringraziare, affidare, chiedere l’intercessione di Maria e sentirne la vicinanza materna nel cammino della fede e della vita. Le celebrazioni eucaristiche, il sacramento della Riconciliazione e la preghiera comunitaria del Rosario sono da sempre occasioni privilegiate di incontro con la presenza e la misericordia di Dio.

In questo contesto, al Centro di spiritualità si offrono anche proposte per vivere momenti di spiritualità, meditazione e preghiera più intensi e sempre più importanti nella vita di oggi.

Tra queste proposte c’è quella degli esercizi spirituali di Avvento avranno quest’anno il titolo: Nato ai bordi di periferia. Incontro a un Dio “piccolo”. Sarà l’occasione per vivere la preparazione al Natale proprio attraverso i Vangeli dell’infanzia che consegnano il mistero straordinario di Dio che si fa carne nella piccolezza di un bambino, nella “minima” Betlemme, in braccio a una ragazza sconosciuta ai più.

Sono previste due date, così che ciascuno possa scegliere ciò che è più adatto alle proprie esigenze.

Il primo corso si terrà dalla cena di venerdì 29 novembre al pranzo di domenica 1° dicembre sarà in stile ignaziano, con la possibilità dell’accompagnamento personale; accompagneranno le meditazioni i sacerdoti del Santuario don Ottorino Baronio e don Enrico Maggi.

Il secondo corso – secondo il metodo tradizionale degli esercizi spirituali – sarà dalla cena di venerdì 13 dicembre al pranzo di domenica 15 dicembre, guidato da don Umberto Zanaboni, incaricato diocesano per il Primo annuncio.

Per entrambi i corsi è richiesta la permanenza presso il Centro di spiritualità dall’inizio fino al termine, nonché il silenzio lungo tutta la durata della proposta.

Una duplice proposta che sarà occasione di grazia per fermarsi dal ritmo della quotidianità, per entrare nell’intimità dell’amore di Dio e per prepararsi alle feste natalizie.

Per informazioni e iscrizioni contattare il Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio scrivendo a centro@santuariodicaravaggio.org oppure telefonando al 328-0336972.

 

Locandina degli esercizi spiritualità di Avvento a Caravaggio




A Casirate presentati i lavori di recupero della chiesa parrocchiale

Sono stati presentati nella serata di martedì 22 ottobre a Casirate d’Adda, nel salone dell’oratorio San Marco, i lavori di restauro della chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata, edificio costruito alla fine del Settecento sulle fondamenta della vecchia chiesa parrocchiale (“Demolita perché fatiscente e angusta”, si legge nei documenti d’archivio).

I presenti hanno potuto ascoltare gli interventi dei tecnici incaricati: l’ingegner Stefano Tedeschi, che sarà il direttore dei lavori, gli architetti Ida Castelnovo e Ivan Moia e don Umberto Bordoni, direttore della Scuola Beato Angelico di Milano, che seguirà tutta l’operazione di restauro. Al loro fianco il parroco di Casirate e Arzago don Matteo Pini. C’era anche il sindaco Mario Donadoni che ha assicurato alla Parrocchia la massima collaborazione da parte degli uffici comunali, a cominciare dal primo intervento, in ordine di tempo, quello del restauro conservativo delle mensole in cemento decorativo di una parte del sagrato che potrebbe essere avviato entro un mese o poco più.

Santa Maria Immacolata sorge in pieno centro, in posizione sopraelevata, adiacente all’ex statale Bergamina (che in questa zona del paese prende il nome di via Grossi e di via Menclozzi): quando questa strada era a doppio senso di marcia e il traffico veicolare soffocava letteralmente il cuore di Casirate è capitato che i mezzi pesanti urtassero più volte il muro del sagrato, danneggiandolo.

Approssimativamente potrebbero occorrere attorno ai 60mila euro per un restauro conservativo. Tale somma è l’unica che al momento don Pini si sente di poter dare. Per la quantificazione di tutti gli altri interventi, dipenderà dall’esito delle verifiche tecniche. Saranno queste, ad esempio, a dire che tipo di lavoro andrà effettuato sul tetto.

Di certo quella sulla copertura sarà la parte più costosa. Ne abbiamo parlato con l’ingegner Stefano Tedeschi. «Per quanto riguarda la copertura – spiega il professionista – ho già verificato personalmente la presenza di vari detriti rimasti dall’ultimo intervento e di spioncini da cui filtra acqua piovana, ma una volta che saremo saliti ad effettuare le verifiche, che riguarderanno anche lo stato degli affreschi dell’abside, avremo un quadro della situazione più chiaro e potremo iniziare a quantificare le spese più importanti da sostenere. Inizieremo il restauro dalla parte absidale, che è la più urgente».

Una volta fatto il tetto ci si potrà dedicare al restauro delle facciate dove la pittura esterna è andata totalmente perduta. «Dovremo agire –continua Tedeschi – di concerto con la soprintendenza di Brescia, competente per territorio. Essendo questa una chiesa di epoca neoclassica non presentava colori sgargianti. Effettueremo una campagna di tassellature per vedere se esistono ancora degli strati di pittura sottostanti».

Un’indagine sarà eseguita anche sullo stato della rete fognaria mentre non ci sarà bisogno di un intervento relativo all’antisismicità.

Una buona notizia è che per tutto l’arco dei lavori la chiesa rimarrà agibile. Per la zona absidale, ad esempio, il ponteggio che sarà montato consentirà ai tecnici di lavorare in quota senza che sia necessario interrompere la liturgia.

«Si tratta di lavori necessari – afferma il parroco – che potrebbero richiedere due, anche tre anni per essere completati. Intanto con la serata di martedì abbiamo iniziato a parlarne e mi fa piacere che in oratorio siano venute una sessantina di persone. Molto dipenderà anche dai fondi che avremo a disposizione. Faremo appello alla generosità di tutti sottolineando il fatto che la parrocchiale è un bene non solo ecclesiastico ma di tutta la comunità».