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Il “grazie” degli adolescenti a Papa Francesco

 

Nella Città eterna sabato 26 aprile si respirava un’atmosfera particolare, carica di emozione: non una semplice preghiera funebre, ma un clima sospeso, segnato dalla coincidenza con il Giubileo, segno evidente di speranza, illuminato ulteriormente dalla Pasqua appena celebrata, a ricordare che il saluto a Francesco non è un addio ma un arrivederci.

In tanti hanno voluto “vegliare” in attesa dei funerali del Papa già nei pressi di San Pietro. Molti altri si sono uniti ieri mattina, giungendo dalle diverse parti d’Italia e del mondo. E tra loro anche molti adolescenti: quelli giunti a Roma per il loro Giubileo già programmato da tempo e che avrebbe dovuto concludersi proprio in Piazza San Pietro insieme a Francesco domenica 27 aprile con la canonizzazione di Carlo Acutis. E invece Francesco ha incontrato diversamente i ragazzi del Giubileo, offrendo loro comunque un messaggio di speranza, forse ancora più eloquente e incisivo, che sicuramente rimarrà indelebile nelle menti e nei cuori.

Una memoria che sarà cara anche ai 900 adolescenti della Diocesi di Cremona, a Roma in pellegrinaggio giubilare con il vescovo Antonio Napolioni. Anche loro, insieme ai propri don e agli accompagnatori, nonostante le difficoltà logistiche e qualche preoccupazione dovuta alla loro giovanissima età in un contesto del genere, hanno deciso di essere comunque presenti ai funerali del Papa. Hanno scelto di partecipare nel modo più adatto alla loro età, con curiosità, emozione e in qualche modo sopraffatti da un evento di caratura mondiale e davvero unico.

Con una levataccia all’alba e lunghe code anche i cremonesi hanno cercato di guadagnare un posto il più possibile vicino a Piazza San Pietro. Il gruppo guidato dai volontari della Federazione Oratori Cremonesi, in un crescendo di emozioni mentre la fila scorreva lentamente, passando per Borgo Pio e Viale della Conciliazione, ha potuto giungere sino a Piazza Pio XII, nei pressi del colonnato del Bernini. Rivarolo del Re ha preso posto in via di Porta Angelica, al “Cancello di Sant’Anna”, a fianco di San Pietro.

Altri gruppi hanno seguito la diretta delle esequie da differenti punti della Capitale, come i ragazzi di Cassano d’Adda e Paderno Ponchielli nei pressi di Piazza Cavour, dietro Castel Sant’Angelo, dove erano presenti Vescovato, Asola e Rivolta d’Adda (questi ultimi con una “delegazione” in Piazza San Pietro). In Piazza Risorgimento, invece, hanno trovato posto i gruppi di Castelverde, San Giovanni in Croce e Cingia de’ Botti. Ma c’è stato anche chi ha deciso di puntare dritto verso la basilica di Santa Maria Maggiore, come gli oratori di Cristo Re, Casalmaggiore, Vicobellignano e Vicomoscano, o Piazza dell’Esquilino come il gruppo Piadena, potendo assistere al passaggio del feretro nell’ultimo viaggio di Francesco. Così come i ragazzi di Sant’Abbondio e Bozzolo, o Caravaggio nei pressi del Colosseo.

Alle 10 in punto, le campane di San Pietro hanno annunciato l’inizio della Messa esequiale. L’arrivo sul sagrato della bara — semplice e austera — circondata dai cardinali e dai vescovi (e tra loro monsignor Antonio Napolioni) da un lato; dall’altro i rappresentanti di tutto il mondo.

Ad aiutare i ragazzi a seguire nel migliore dei modi la celebrazione il commento offerto, in collaborazione con il Servizio nazionale di pastorale giovanile, attraverso l’app Play2000: un accompagnamento curato e pensato proprio per gli adolescenti italiani a Roma per il Giubileo.

La Messa, presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, è stata un susseguirsi di emozioni e di ricordi che riaffioravano momento dopo momento nel cuore e nella mente di tutti.

Ieri il mondo ha salutato Papa Francesco, il Pontefice che ha segnato un’epoca con la sua umiltà, la sua vicinanza alla gente e il suo costante impegno per i più deboli. E anche Cremona, con i suoi ragazzi, era presente.

 

Funerali di Papa Francesco: 250mila persone in piazza, il corteo funebre salutato da un unico lungo applauso

Giubileo adolescenti, per i 900 cremonesi l’esperienza iniziata a San Paolo Fuori le Mura con il passaggio delle Porta Santa




Funerali di Papa Francesco: 250mila persone in piazza, il corteo funebre salutato da un unico lungo applauso

Da San Pietro a Santa Maria Maggiore. E’ lungo sei chilometri il 48° e ultimo viaggio di Papa Francesco, il primo papa del ventunesimo secolo che nel suo testamento ha espresso la volontà di essere sepolto in un luogo diverso dalla basilica vaticana. A bordo di un carro funebre davvero singolare, una ex papamobile già usata in un viaggio in Oriente e riadattata in modo tale da poter essere aperta e visibile lungo tutto il tragitto dalla Porta del Perugino al luogo della sepoltura, il Pontefice che fin dall’affaccio alla Loggia delle benedizioni amava definirsi “vescovo di Roma” ha ricevuto dalla sua Roma – oggi più che mai “caput mundi” – un abbraccio infinito che dagli oltre 250mila fedeli presenti ai funerali si è dilatato da piazza San Pietro in tutti i luoghi più simbolici del centro storico, grazie ad un corteo a passo d’uomo che partendo dalla Porta del Perugino e attraversando la Galleria Pasa, ha percorso Corso Vittorio Emanuele per poi arrivare a piazza Venezia e svoltare sui Fori imperiali, proseguendo per via Labicana e via Merulana. Tutti coloro che fin dalle prime ore del mattino si sono accalcati lungo le transenne hanno potuto così salutare il primo papa argentino della storia. L’inizio e la fine del pontificato si richiamano a vicenda, allo stesso modo in cui la presenza dell’icona della Madonna Salus Populi, in copia in piazza San Pietro e in originale a Santa Maria Maggiore, ha unito idealmente il funerale in piazza e la tumulazione nella Basilica Liberiana, dove il feretro di Papa Francesco è stato accolto da circa 40 poveri scelti dalla Caritas. Tra i momenti più commoventi del rito funebre, quello avvenuto prima e dopo l’aspersione della bara con l’acqua benedetta: anche durante il funerale di Bergoglio, come era già avvenuto vent’anni fa durante il funerale di Giovanni Paolo II, il vento ha aperto e fatto sfogliare le pagine del Vangelo collocato, come di prassi, sopra la bara del Pontefice defunto.

 “È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti”.

Questo, in sintesi, il ritratto di Papa Francesco, nelle parole pronunciate dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, durante l’omelia per i funerali in piazza San Pietro, scandita dagli applausi soprattutto nei riferimenti ai migranti, ai poveri, alla pace.

Il primato dell’evangelizzazione, per il cardinale, è stato la guida del suo pontificato, “misericordia e gioia del Vangelo” le due parole chiave dei dodici anni di Bergoglio sul soglio di Pietro, che “in contrasto con quella che ha definito la cultura dello scarto, ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà”.

 “Filo conduttore della sua missione è stata la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte”,

ha sottolineato Re: “Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come ospedale da campo dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti. Una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite”. “Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi”, l’omaggio del porporato :

“Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri”.

Poi la rassegna dei 47 viaggi apostolici, a cominciare da Lampedusa, passando per Lesbo, fino alla messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico. Secondo Re, “resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq nel 2021, “compiuto sfidando ogni rischio” per portare “un balsamo sulle ferite aperte della popolazione irachena, che tanto aveva sofferto per l’opera disumana dell’Isis”. Con la visita apostolica del 2024 a quattro nazioni dell’Asia-Oceania, infine, il Papa ha raggiunto “la periferia più periferica del mondo”.

“Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti”,

ha affermato Re, citando la Fratelli tutti, il Documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana e la Laudato sì, dove “ha richiamato l’attenzione sui doveri e sulla corresponsabilità nei riguardi della casa comune”.

“Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni”, Bergoglio infine “ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.

“La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”, uno dei leit-motiv del pontificato, insieme all’esortazione a “costruire ponti e non muri”. Poi l’invocazione finale:

“Caro Papa Francesco, ora ti chiediamo di pregare per noi

e che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.




Giubileo adolescenti, per i 900 cremonesi l’esperienza iniziata a San Paolo Fuori le Mura con il passaggio delle Porta Santa

La photogallery completa del primo giorno

 

Gli ampi spazi verdi attorno alla basilica di San Paolo Fuori le Mura sono stati lo scenario nel quale, dalla tarda mattinata di venerdì 25 aprile, i 900 adolescenti degli oratori cremonesi si sono ritrovati per dare ufficialmente inizio, insieme al vescovo Antonio Napolioni, al loro Giubileo a Roma.

Metà del grande gruppo aveva raggiunto la Capitale già poco dopo le 8 del mattino, dopo il viaggio sul Freccia Rossa che aveva caricato i diversi gruppi in alcune stazioni lungo il percorso, in particolare in terra bergamasca ed emiliana. L’altra metà dei ragazzi aveva usufruito di altri treni, con stazioni e percorsi differenziati. Per tutti comunque una sola meta: Roma.

Durante il viaggio a tutti i partecipanti è stato distribuito il kit del pellegrino, fornito dall’organizzazione del Giubileo ma ulteriormente personalizzato dalla Federazione Oratori Cremonesi. Oltre allo zainetto con all’interno due magliette (una bianca e una verde) con logo del Giubileo, cappellino e bandana, borraccia, bandiera dell’Italia, bracciale rosario, spilla e adesivi), i necessari pass giubilari e per il trasporto locale, i buoni pasto e i sussidi per la preghiera, anche un fazzolettone/bandana verde marchiato Focr per rendere riconoscibili i pellegrini cremonesi.

 

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Prima di recarsi a San Paolo Fuori le Mura, lo spostamento, sempre in treno, verso la nuova Fiera di Roma, allestita per ospitare 12mila ragazzi giunti a Roma per il Giubileo e in particolare i gruppi lombardi. Per Cremona spazio nel Padiglione 2 insieme ai coetanei della Diocesi di Crema.

Una quarantina i gruppi parrocchiali e le unità pastorali delle diverse zone pastorali. Dall’area Bergamasca e più settentrionale della diocesi Cassano d’Adda, Caravaggio, Calcio con Pumenengo, Casirate e Argazo, e Rivolta d’Adda, Pandino e Agnadello. Dalla città di Cremona gli oratori di Cristo Re, Sant’Abbondio, San Sebastiano e le unità pastorali di Sant’Ambrogio e San Bernardo. E poi Castelleone, Soresina, San Bassano, Grumello Cremonese, Paderno Pochielli, Castelverde, Malagnino, Vescovato, Sospiro, San Giovanni in Croce, Rivarolo del Re, Piadena e Casalmaggiore, Vicomoscano e Vicobellignano. E dal mantovano Bozzolo, Sabbioneta, Viadana, Rivarolo Mantovano e Pomponesco, con l’aggiunta anche di due oratori dalla Diocesi di Mantova: Castelnuovo di Asola e Asola, che aveva scelto di unirsi al viaggio dei cremonesi per vivere la canonizzazione di Carlo Acutis, cui è intitolato il proprio oratorio.

Raggiunta la basilica di San Paolo Fuori le Mura i ragazzi, dopo qualche momento di svago, attraverso alcune attività e riflessioni sono entrati nel clima giubilare. In particolare il vescovo Napolioni, con un linguaggio adatto ai ragazzi presenti (dai 13 ai 17 anni), ha introdotto il tema della misericordia che il Cristo e la Chiesa offrono al mondo spalancando la Porta Santa, che si attraversa con un’apertura di cuore da cui scaturisce l’invito a non rimanere chiusi in se stessi per vivere quello stile evangelizzatore di Chiesa in uscita tanto richiamato da Papa Francesco. Un anno santo che è tempo di riconciliazione e di ripartenza nel segno di una vera giustizia.

 

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Poi ogni gruppo ha vissuto il momento più suggestivo: il passaggio della Porta Santa. Un momento di grande emozione accompagnato nella preghiera, ma che subito dopo è stato ulteriormente sviluppato attraverso alcune attività proposte ai ragazzi dallo staff della Federazione oratori cremonesi, ben riconoscibili nelle classiche magliette e felpe gialle.

Tra quiz sul giubileo, tra storia e significato, insieme a prove di abilità anche attraverso foto e video da realizzare e condividere sul canale whatsapp dedicato proprio al viaggio, ogni gruppo ha potuto conquistare punti preziosi per la propria squadra, utili per validare il “passaporto” che ciascuno dei ragazzi ha ricevuto insieme al kit del pellegrino.

Poi il trasferimento verso la basilica dei Santi Pietro e Paolo all’Eur dove il Giubileo degli adolescenti ha preso il via ufficialmente con la “Via Lucis”, presieduta dall’arcivescovo Rino Fisichella, responsabile del Giubileo. Una celebrazione intensa e luminosa alla luce della Risurrezione, che ha coinvolto i ragazzi giunti a Roma da ogni parte del mondo e con il pensiero rivolto a Papa Francesco.

La Via Lucis, riprendendo le tappe della Via Crucis quaresimale, nel Tempo di Pasqua ripercorre gli incontri di Gesù risorto con i testimoni oculari della Risurrezione, dal giorno di Pasqua a Pentecoste, con 14 stazioni. Una forma di preghiera nata nel 1988 all’interno della famiglia salesiana e vissuta come esperienza per la prima volta nel 1990 alle Catacombe di san Callisto, a Roma.

Nell’ottava di Pasqua, gli adolescenti sono così stati accompagnati nel clima della Risurrezione attraverso la preghiera in 7 stazioni (e non nelle 14 canoniche), ciascuna delle quali caratterizzata dalla lettura di un brano di Vangelo, una parte di preghiera corale e una terza parte recitata da due adolescenti. Due ragazzi che, nella narrazione, erano in viaggio verso Roma per vivere il Giubileo, ma per uno scherzo dell’app sono stati catapultati nel passato a 2000 anni fa, proprio all’indomani della Risurrezione di Gesù: da qui gli incontri con santa Maria Maddalena, san Tommaso, san Giovanni, san Pietro e tanti altri, che li aiutano nel loro tentativo di ritrovare la strada verso Roma, aiutandoli a comprendere qual è la strada che li riporta a Casa.

 

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“Felicità e dolore” nella Via Lucis degli adolescenti l’abbraccio a Francesco

Adolescenti a Roma, venerdì al via l’esperienza giubilare: 900 ragazzi pellegrini con il vescovo




“Felicità e dolore” nella Via Lucis degli adolescenti l’abbraccio a Francesco

“Lo Spirito del Risorto confermi la nostra fede, rafforzi la nostra speranza e infiammi i nostri cuori del Suo amore”. Si è aperta con le parole dell’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, la Via Lucis che ieri, 25 aprile, ha dato il via al Giubileo degli adolescenti nel piazzale della basilica dei Santi Pietro e Paolo. Una distesa colorata di decine di migliaia di magliette, bandane, bandiere e cappelli da tutto il mondo. Fisichella, che ha guidato l’incontro, ha invitato tutti a pregare per il Papa nell’ottica della Resurrezione e della vita eterna.

“Carissimi ragazzi – ha detto Fisichella -, vogliamo vivere la gioia di celebrare il vostro Giubileo degli Adolescenti, ripercorrendo alcune tappe della Via Lucis: il cammino del Cristo Risorto assieme ai suoi discepoli. La nostra vita è piena di gioie e dolori, interrogativi e domande, ma anche di attese e speranze. Oggi più che mai il mondo, come già affermava San Paolo VI, ha bisogno di testimoni più che di maestri. Per questo vogliamo porci in spirito di preghiera, dando voce ai testimoni oculari della resurrezione”.

“Capire la strada”. Gli adolescenti sono stati accompagnati nel clima di raccoglimento attraverso la preghiera in sette stazioni, la lettura di un brano di Vangelo per ciascuna, la musica del coro della diocesi di Roma, una parte di preghiera corale e una terza parte recitata da due adolescenti. “Scrivendo questa terza parte – spiega don Massimo Tellan, parroco romano che ha curato il momento di preghiera – ho pensato a quello che un ragazzo di oggi domanderebbe incontrando i testimoni della resurrezione. Ho immagi-nato che i due ragazzi a cui ho affidato la narrazione fossero in viaggio verso Roma per vivere il Giubileo, ma per uno scherzo dell’App sono stati catapultati nel passato a 2000 anni fa, proprio all’indomani della resurrezione di Gesù. Questi due adolescenti incontrano così Santa Maria Maddalena, San Tommaso, San Giovanni, San Pietro e tanti altri che li aiutano nel loro tentativo di ritrovare la strada verso Roma. Ecco, quello che intendiamo far scoprire ai ragazzi è che i testimoni che incontrano non gli indicano il cammino per tornare al loro tempo, ma piuttosto li aiutano a comprendere qual è la strada che li riporta a Casa”.

Gioia e dolore. Nell’aria si respirava la gioia di tutti di essersi ritrovati insieme, mista al dolore per la perdita del Pontefice. Quando l’arcivescovo Fisichella ha preso la parola, il colpo d’occhio dal palco è stato impressionante. La scalinata che portava alla chiesa sembrava un fiume in piena. Anche lì tantissimi gruppi ad assistere all’incontro. Tanti hanno seguito il testo delle meditazioni sui cellulari. Molte le uniformi scout e le maglie di animatori degli oratori. Come accanto al feretro del Papa, mercoledì durante la traslazione in Basilica, era presente sul palco il Cero pasquale, dal quale sono state accese sette fiaccole. “Per noi credenti un funerale è un accompagnamento verso la casa del Padre, – conclude don Massimo – e poter pregare con questa prospettiva aiuta i ragazzi a vedere questo momento di transizione e dolore alla luce della Speranza che non delude, che è Cristo stesso”.

“Un padre, un nonno, un maestro”. La Via Lucis si è conclusa con il canto “Jesus Christ you are my life” – che venne eseguito alla Gmg del 2000, durante la veglia con Giovanni Paolo II, a Tor Vergata – accompagnato dal battito di mani dei giovani presenti. Tra loro Filippo, Riccardo e Marco, arrivati dal Piemonte, dalla provincia di Novara. Studenti di seconda media. Riccardo indossa la maglia di Lorenzo Pellegrini della Roma. Tifa Juventus, ma non nasconde la sua simpatia per i giallorossi. “Io ho anche quella di Dovbyk. L’ho comprata perché ce l’ho al fantacalcio”. Il loro sorriso è quello della piazza piena. “Felicità, gioia e amore”, sono le emozioni che hanno provato non appena hanno visto la quantità di loro coetanei che hanno riempito la piazza. “Ci siamo preparati al Giubileo cercando di prestare cura sia a noi stessi, sia agli altri – è la loro testimonianza -. C’è un’atmosfera un po’ strana. Siamo molto addolorati per la morte del Papa. Per noi è stato un padre, un nonno e un maestro”. Che cosa gli è rimasto nel cuore del Pontefice? “Quando diceva di perdonare sempre. Di non andare mai a dormire la sera senza aver perdonato”.

Giuseppe Muolo (AgenSir)




Anche i cremonesi in preghiera davanti alla bara di Papa Francesco

Mentre la comitiva diocesana dei 900 adolescenti cremonesi stava ancora raggiungendo la Capitale per il Giubileo degli adolescenti (25-27 aprile), un altro gruppo cremonese all’alba di venerdì 25 aprile era già a Roma per rendere omaggio al Papa. Aderendo alla proposta del Segretariato diocesano pellegrinaggi, poco più di una trentina di persone di diverse parrocchie della diocesi già prima delle 7 del mattino aveva potuto entrare nella basilica di San Pietro e pregare davanti alla salma di Francesco.

Erano partiti nella serata di giovedì 24 aprile da alcuni punti della diocesi con il pullman predisposto dall’agenzia diocesana ProfiloTours. Il viaggio senza intoppi ha permesso al gruppo guidato da don Matteo Bottesini di raggiungere la zona di San Pietro intorno alle 5.30. Il tempo di organizzarsi e incanalarsi nei percorsi predisposti per i necessari controlli di sicurezza.

«Quando siamo arrivati – racconta l’incaricato diocesano per i Pellegrinaggi – la situazione era ancora abbastanza tranquilla. Alle 6 hanno aperto i varchi e siamo subito riusciti a entrare: alle 7 eravamo già passati accanto alla bara di Papa Francesco. Quando siamo usciti da San Pietro la situazione era però già ben diversa, con un lungo corteo, molto più lungo rispetto a quello che avevamo incontrato noi, e si parlava già di un’attesa di circa tre ore».

Impossibile naturalmente sostare in preghiera nei pressi del feretro del Pontefice, perché il passaggio deve essere costante. Solo pochi istanti, dunque, per poterlo vedere per l’ultima volta, ma di forte emozione e intensità spirituale, favoriti anche dal clima di silenzio e preghiera circostante. Un momento che rimarrà impresso nella memoria, come l’ultima immagine di Francesco, oggi così diverso da come si era abituati a vederlo.

«Tutto si è svolto in modo molto ordinato, silenzioso, in un clima di grande raccoglimento – aggiunge don Bottesini –. Una preghiera che molti continuano poi negli altri punti della basilica. All’esterno intanto si vede il brulichio della preparazione dei funerali e un grande dispiegamenti di volontari e forze di polizia».

La mattinata del gruppo è continuata con lo spostamento verso la basilica di Santa Maria Maggiore, con alcune tappe sul percorso, come San Luigi dei Francesi. Nel primo pomeriggio la partenza per far ritorno a Cremona.

Un altro pullman in mattinata è partito da Caravaggio, sempre con meta Roma e il desiderio di rendere omaggio a Papa Francesco in San Pietro.




Il ricordo della visita del Papa a Bozzolo. Mons. Napolioni: «Una grande consonanza tra Papa Francesco e don Primo Mazzolari»

Papa Francesco a Bozzolo – Foto Cristian Chiodelli

 

«C’è una grande consonanza tra Papa Francesco e don Primo Mazzolari. Erano due uomini che si somigliavano per stile, ma anche per temperamento – evidenzia il vescovo Antonio Napolioni –. Tutti e due molto esigenti con se stessi e anche con gli altri, laboriosamente docili al Vangelo e allo Spirito, inquieti di un’inquietudine autenticamente evangelica».

Il ricordo è vivo nella memoria e nel cuore. Quella mattinata a Bozzolo, il 20 giugno del 2017, è più che mai oggi l’occasione per ripensare a quanta verità evangelica ci hanno donato con la loro testimonianza don Primo e Francesco.

«Il Papa venendo in Italia aveva scoperto – continua il vescovo – la figura di don Primo e la grande corrispondenza di stile e di contenuto rispetto al suo ministero». Per questo aveva deciso di andare, in forma quasi privata, a Bozzolo per vedere di persona la tomba, il suo studio, i suoi scritti, per conoscerlo meglio. «Non lo avevamo invitato», è stata una scelta personale di Francesco farsi pellegrini sulla tomba di don Primo Mazzolari.

Un volo in elicottero, l’arrivo alle 9.30 circa, lo scambio di saluti con i ragazzi del Grest di quella zona e poi un discorso significativo in chiesa, preceduto dalla preghiera alla tomba. Poi in canonica e di nuovo in elicottero diretto a Barbiana.

«Aveva avuto l’idea di unire don Primo a don Milani in una giornata di riconoscimento e rilancio di due figure di preti che hanno segnato il ‘900 e che ancora oggi ispirano tanto impegno educativo e pastorale», prosegue Napolioni.

Un’intuizione importante: «Quella visita è stato un rilancio della testimonianza di don Primo e un’attestazione quasi di giustizia nei suoi confronti – commenta don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro e postulatore della causa di beatificazione del parroco di Bozzolo, che nel 2017 era presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” –. È stata una sorta di riconsegna del messaggio di don Mazzolari, figura profetica come Don Milani».

Già nei mesi precedenti nella visita “il parroco d’Italia” era ben presente al Papa. «Aveva mandato – ricorda il vescovo di Cremona – una rosa d’argento da porre sulla tomba di Mazzolari». Un piccolo segno, un gesto di gratitudine che dice tanto anche di Francesco.

«Era un prete scomodo don Primo»,  ha detto Papa Francesco nella chiesa di Bozzolo davanti a qualche autorità e tanti sacerdoti del clero cremonese. Un prete che vedeva oltre, avanti e di cui la Chiesa cremonese deve essere «orgogliosa di aver generato preti così». Le parole del Papa avevano colpito nel segno.

«Si era soffermato – sottolinea il vescovo Napolioni – su tre concetti chiave: fiume, cascina e pianura». Tre elementi che fanno da sfondo al vissuto di don Primo e raccontano la terra della Bassa Padana.

Quella terra che il 20 giugno 2017 «ha vissuto con trepidazione l’arrivo del Pontefice. Tutti conservano un ricordo personale», chiarisce don Francesco Cortellini, attuale parroco di Bozzolo.

Maria Sole Albertinj, che era tra i ragazzi del Grest in piazza quel 20 giugno, ricorda del Papa «il sorriso genuino, la grande umanità». Filippo Storti è emozionato al pensiero di quell’abbraccio ricevuto quando aveva 11 anni: ora il ricordo è custodito tutto in una foto preziosa più che mai in questi giorni di dolore per Francesco. Giulia Cizzani, anche lei in quella piazza sotto il sole ma piena di gioia e di cappellini che sventolavano, si era appuntata un ricordo per iscritto, per non dimenticare quell’incontro: «Francesco ci ha donato un grande incoraggiamento a non spegnere mai le luci delle nostre speranze».

Speranze che oggi si fanno eredità importanti da portare avanti. E di cui «la comunità di Bozzolo e la Chiesa cremonese – conclude don Cortellini – si sentono eredi».




Giubileo lavoratori e imprenditori: previsto solo il rito giubilare del pellegrinaggio con l’attraversamento delle Porte Sante

Il Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, attese le circostanze del momento, informa che il programma del Giubileo dei Lavoratori (1-4 maggio) e quello degli Imprenditori (4 e 5 maggio), subirà delle modifiche. Per i pellegrini che raggiungeranno Roma in quei giorni, infatti, è previsto solo il rito giubilare del pellegrinaggio e attraversamento delle Porte Sante della Papale Basilica di San Pietro e delle altre Basiliche Papali, quale momento privilegiato di Speranza e Fede.




La nuova edizione di Riflessi è un viaggio attraverso le notti della vita

«Scendiamo in strada per incontrarla, per incontrarle, le notti che sfiorano o attraversano le nostre vite».

Così il mensile digitale diocesano Riflessi magazine presenta la nuova edizione disponibile online da venerdì. Un’edizione dedicata al tema della notte, attraversata dai contenuti del magazine da direzioni diverse, tra arte, scienza e impegno sociale, come ancora si legge nell’introduzione: «Il venerdì sera in centro, la paura del babau, le trappole dell’adolescenza, una missione con la crew tra i muri di periferia e una con l’unità di strada nel cuore più povero della città, con chi accende il buio dell’incomprensione e dello stigma, con chi si batte contro le tenebre della violenza. Il nero dei lividi».

Provando così a cercare anche nel buio più fitto «quella traccia del giorno che sempre rimane impressa: nella frenesia dei pensieri insonni, nella trama imperscrutabile dei sogni».

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Don Mazzolari e la sua Resistenza di amore e verità

In questo anniversario del 25 aprile così denso di significato, la memoria collettiva torna a interrogarsi non solo sui fatti, ma anche sulle coscienze che li hanno preceduti, accompagnati e interpretati. Tra queste, la voce di don Primo Mazzolari emerge come una delle più profetiche e lucide. Già nei primi germogli del fascismo e nella minaccia nascente del nazismo hitleriano, Mazzolari seppe leggere il pericolo, avvertire il veleno dell’idolatria politica e denunciarne le conseguenze con coraggio, spesso in solitudine.

Nelle pagine del suo Diario e nelle lettere indirizzate ad amici fidati, don Primo racconta non solo il dramma di un’Italia che si smarrisce, ma anche il dolore intimo di un uomo di fede che assiste, impotente ma non silente, al precipitare degli eventi. Il suo modo di resistere – che non fu mai arrendevole né retorico – ci consegna oggi un’eredità spirituale e civile che parla al cuore della Liberazione: la libertà come frutto di una coscienza vigile, di una parola detta quando ancora tutti tacciono.

“È proprio possibile – scrive nel suo Diario, il 16 aprile 1929 – che in un’Italia di 40 milioni di persone, vi sia poi tal unanimità di pensiero e tale concordia nell’opera da non riscontrarsi nessun dissidente che osi esprimere a mezza voce il proprio parere? O questo è un miracolo inaudito, mai raggiunto in nessun tempo e in nessun luogo neppure dalla religione, o è un sintomo inquietante di ciò che può distruggere il timore di colui che è forte nel patrimonio sacro e intangibile della coscienza”.

Esistono già numerosi studi autorevoli sul periodo della Resistenza al nazifascismo, frutto del lavoro di storici e studiosi competenti. Ma è interessante, in questa giornata così carica di significati civili e spirituali, lasciare spazio alla voce di don Primo. Nelle sue pagine, infatti, emerge con straordinaria lucidità la capacità di leggere i segni del tempo e di denunciare, con coraggio profetico, ciò che stava per accadere.

Il suo antifascismo nasce anzitutto come forma di reazione morale verso le ripetute violenze a cui deve assistere impotente. Quando la violenza trabocca, e da verbale diventa fisica, nasce in lui il desiderio di ribellione e di resistenza. Comprende che il suo dovere è quello di prestare la sua voce agli oppressi, senza esitazione, non tollerando più i soprusi nei confronti della povera gente.

Scrive agli inizi del 1925 a Vittoria Fabrizi de’ Biani, una nobildonna umbra sua corrispondente, con la quale ha instaurato un profondo rapporto spirituale:

“Dall’alto, la brutalità scende fino in basso, fino ai nostri poveri paesi, e si sfoga così, spargendo il terrore tra la povera gente… Lei immagina cosa ho sofferto e cosa soffro tuttora, anche per comprimere la rivolta che nell’animo spaventosamente mi ribolle contro le ingiustizie infami di quest’ora di tenebre. Non è che non senta la pietà anche verso coloro che sono degli incoscienti esecutori di ordini malvagi: ad essi va la mia anima con una carità senza limiti. Ma io mi chiedo se proprio nessuno deve alzare la voce di condanna, se il sacerdote, che è il protettore nato degli oppressi, può star pago di soffrire interiormente e di pregare. Il dubbio, per mio conto, l’ho risolto: io sento il dovere di dichiararmi apertamente in favore degli oppressi e di mettere la mia povera vita per loro. Ma sono imbottigliato di prudenza, che mi giunge da ogni parte, sotto forma di consigli, di raccomandazioni, di scongiuri… Ed eccomi qui, pastore senza voce, costretto a far tacere l’impeto del cuore”.

Pur disposto a pagare di persona quando è in gioco la libertà della Chiesa, la dignità della sua coscienza e delle persone che gli sono affidate, nel 1929 intravede i rischi a cui la Chiesa va incontro con la firma dei Patti Lateranensi. Non si fida di un accordo che rischia di imbavagliare la libertà ecclesiale. L’azione pastorale non poteva essere barattata per qualche privilegio o beneficio. Lo stesso benessere economico garantito ai preti si rivela per lui un’arma a doppio taglio, perché la Chiesa rischia di non poter più contare sulla sua libertà di espressione e parola. Lamenta di vedere nei vescovi italiani semplicemente dei buoni funzionari, alla ricerca del quieto vivere, incapaci di leggere profeticamente i segni dei tempi.

Lucidissime e profetiche sono le parole che, a questo riguardo, il 23 febbraio 1929, scrive al suo caro amico don Guido Astori, appena dieci giorni dopo la firma del Concordato:

“Tu quindi capisci d’intuito, le mie perplessità e il mio… umano spavento. Tanto più ch’io non posso dimenticare le lezioni della storia: dai poteri assolutisti e reazionari la Chiesa non ha mai guadagnato che umiliazioni, restrizioni di libertà e… corresponsabilità tremende davanti ai popoli stanchi e avviliti. Se questo nel passato, tanto più oggi, con l’istinto di libertà che abbiamo tutti nel sangue, con una popolazione che non è cristiana e quindi incapace di sostenere una novità di tanta importanza (parlo del Concordato), con di fronte un regime… di spirito anticristiano… Tu mi scrivi che gli avvenimenti superano le persone. Vorrei poterlo credere: ma allora ho bisogno di far tacere la mia ragione e soprannaturalizzare uomini e fatti, nel senso che le vie di Dio, ecc. ecc. In questo siamo d’accordo: anzi a questo mi attacco disperatamente, non avendo nessuna ragione umana di conforto. Pregiudizi politici, incapacità di superare delle antipatie preconcette? Non lo credo, perché di tutto cuore mi auguro e prego di potermi ricredere non domani ma oggi stesso”.

Ciò che più colpisce nel suo giudizio sui Patti è la denuncia di mediocrità rivolta all’episcopato e al clero italiano. Di fronte ad ogni prevaricazione dello Stato, dovrebbe esserci il «muro incrollabile delle coscienze episcopali e sacerdotali», scrive nel suo Diario il 7 febbraio 1929, mentre invece si assiste a una Chiesa rinunciataria. Continua nelle pagine del suo Diario:

“Più che dei Vescovi abbiamo dei buoni funzionari, nei quali troviamo una predisposizione all’acquiescenza, al quieto vivere, al rifiuto di ogni iniziativa implicante una qualsiasi responsabilità, a gettare sulla S. Sede ogni incarico”.

Il tormentato rapporto con il Regime, che è una delle pagine più difficili dei dieci anni del suo ministero a Cicognara, continua e si allarga a dismisura a Bozzolo. Di fronte all’ennesimo atto di Resistenza e contestazione verbale di don Mazzolari, il 4 aprile 1937, in un breve trafiletto apparso sul giornale cremonese il “Regime fascista”, Roberto Farinacci, il Ras di Cremona, così auspica: “A Bozzolo è parroco un certo don Mazzolari, di cui è noto tutto l’atteggiamento antifascista. Egli, che era rimasto in un prudente silenzio, si è in questi giorni risvegliato e invia a questo o a quell’altro giornale cattolico la sua prosa demagogica e disfattista. Che aspetta il Prefetto di Mantova a farlo prendere per il cravattino e a spedirlo in qualche isola?”.

La cosa ebbe un seguito immediato presso le autorità. Fu convocato il 5 aprile a Mantova. Lo stesso giorno scrive all’amico don Guido Astori:

“Ho la casa minacciata. E la minaccia di una punizione squadrista mi è stata confermata nientemeno che dal Prefetto e da Questore di Mantova come una cosa naturale e… legale”.

E aggiunge:

“Tra i nostri silenzio di tomba. Sono una specie di scomunicato ‘vitando’ … Ma io conto sul Signore soltanto. Sento che mi aiuta in maniera straordinaria. … Tu sai come condivido le tue tribolazioni. Uniamole per il bene del nostro povero Paese”.

Nel pieno della bufera che sconvolge l’Europa, il 1° settembre 1939, mentre le truppe tedesche invadono la Polonia dando inizio alla Seconda guerra mondiale, don Primo pronuncia parole di durissimo giudizio su Adolf Hitler. Questo grido lucido e disperato nasce dal cuore di un uomo di fede che, fin dai primi segnali del nazifascismo, non ha esitato a denunciarne la brutalità e l’ideologia disumana.

“1 settembre 1939 – Ore 8.30.
La radio ha detto che alle ore 5 e un quarto di stamane le truppe tedesche si sono messe in marcia contro la Polonia. La notizia è spaventosa, ma dà quasi un respiro: il respiro nel breve intervallo di un incubo a un altro incubo. […] Quando un uomo parla così ha già causa perduta davanti agli uomini ragionevoli e spirituali. Egli è fuori dalla tradizione e dal senso cristiano; fuori anche dall’umanesimo pagano di Roma. […] Ci si chiede s’egli è normale, oppure se è davanti a un mistero criminale quale la storia non ha mai conosciuto.
La Polonia per il momento è sola. Popolo messianico, dopo l’agonia, la crocifissione.
Non so se umanamente potrà resistere a lungo, sotto la valanga teutonica, so che è capace di morire per tutti.
Il presidente polacco ha parlato come parlano gli uomini buoni che hanno le mani e il cuore pulito”.

Le sue parole si inseriscono in un clima di crescente tensione, quando ancora molti esponenti del mondo cattolico mantenevano un prudente silenzio. È anche grazie a voci come quella di Mazzolari che, negli anni successivi, prenderà forma una resistenza cristiana – morale e spesso attiva – al totalitarismo, capace di opporsi, anche a costo della vita, alla negazione della dignità umana.

La testimonianza di don Primo Mazzolari, a distanza di ottant’anni dal 25 aprile 1945, continua a risuonare con sorprendente attualità. In un tempo in cui la coscienza rischia di essere anestetizzata dalla superficialità, dalla disinformazione o dal calcolo, le sue parole ci richiamano alla responsabilità di una fede incarnata nella storia, capace di leggere i segni dei tempi e di opporsi con coraggio a ogni forma di ingiustizia. La sua voce, limpida e solitaria, parla ancora oggi a tutti coloro che credono in una resistenza non violenta ma determinata, fondata sul Vangelo e sulla dignità dell’uomo. È questa la radice profonda della Resistenza dei cattolici: non un fatto solo politico, ma un atto di amore e verità, che affonda le sue radici nella libertà interiore e nel coraggio di essere testimoni, anche controcorrente.

don Umberto Zanaboni
vicepostulatore Causa di beatificazione
servo di Dio don Primo Mazzolari

 

 

Riconciliazione e redenzione per spezzare le catene dell’odio

Novità editoriale: nell’80° della Liberazione pubblicato da Edb “Primo Mazzolari. La Resistenza dei cristiani”

A Bozzolo la Messa nell’anniversario della morte di don Mazzolari nel ricordo di Papa Francesco e della sua sintonia con don Primo




Adolescenti a Roma, venerdì al via l’esperienza giubilare: 900 ragazzi pellegrini con il vescovo

Un viaggio atteso e preparato da mesi, promosso e coordinato a livello diocesano dalla Federazione Oratori Cremonesi (FOCr), che coinvolgerà 900 adolescenti delle parrocchie di tutte e cinque le zone pastorali della diocesi. Un vero e proprio pellegrinaggio a Roma per vivere il Giubileo della Speranza insieme a migliaia di coetanei da tutta Italia e dalle diverse parti del mondo.

A poche ore dalla partenza, prevista all’alba di venerdì 25 aprile, c’è ancora qualche incognita dovuta ad alcuni cambi di programma dettati dall’improvvisa morte di Papa Francesco e dalla coincidenza dell’evento giubilare degli adolsecenti (comunque confermato) con i funerali del Pontefice. Gli imprevisti, però, non smorzano l’entusiasmo dei ragazzi, nella consapevolezza che potranno vivere in prima persona giornate ed eventi irripetibili, sperimentando l’essere Chiesa in un contesto universale.

La partenza dei diversi gruppi di parrocchie e unità pastorali (circa una quarantina) avverrà da diversi punti della diocesi all’alba del 25 aprile, in modo da poter raggiungere la Capitale nella mattinata. Dopo il pranzo i ragazzi vivranno il passaggio della Porta Santa a San Paolo Fuori le Mura insieme al vescovo Napolioni.

Poi lo spostamento verso il quartiere EUR per il primo grande momento comunitario ufficiale del Giubileo: dalle 18 alle 19.30, infatti, sulla scalinata della basilica dei Santi Pietro e Paolo all’EUR ci sarà la “Via Lucis”, una celebrazione intensa e luminosa alla luce della Risurrezione.

Per quanto riguarda il pernottamento, il gruppo della Diocesi di Cremona, insieme ai coetanei delle altre Diocesi lombarde e non solo, avrà come punto di rifermento la nuova Fiera di Roma, e in particolare il Padiglione 2, in spazi appositamente allestiti per l’accoglienza complessiva in Fiera di 12mila pellegrini. Una location ridefinita dall’organizzazione del Giubileo solo nelle ultime ore, annullando per ragioni di sicurezza l’opzione di una tensostruttura a Centocelle inizialmente comunicata.

La festa musicale al Circo Massimo prevista nel pomeriggio di sabato 26 aprile è stata annullata per lutto e l’organizzazione dell’intera giornata è stata rimodulata dalla Federazione Oratori per poter permettere ai diversi gruppi di partecipare ai funerali di Papa Francesco. Impossibile ipotizzare il trasferimento dell’intero gruppo diocesano in Piazza San Pietro, ma ciascun oratorio potrà organizzarsi autonomamente per cercare di avvicinarsi il più possibile a San Pietro o posizionarsi sul percorso che il corteo papale farà per accompagnare la salma a Santa Maria Maggiore o seguire l’evento dai maxischermi che saranno allestiti per l’occasione nei diversi punti della Capitale. Proprio per favorire la partecipazione dei ragazzi alla celebrazione in modo adeguato, in collaborazione con il Servizio nazionale di Pastorale giovanile tramite la app Play2000 (o sul sito www.play2000.it) si potrà seguire la celebrazione attraverso un commento di accompagnamento pensato proprio per gli adolescenti.

Il resto della giornata di sabato sarà vissuta dai ragazzi facendosi coinvolgere nei “Dialoghi con la città” (qui il programma completo): una serie di itinerari tematici tra arte, fede e testimonianze. Ma ci sarà anche la possibilità di raggiungere San Pietro e varcare la Porta Santa (sabato 26 e domenica 27 aprile aperta solo dopo le ore 15) e visitare le bellezze della città che raccontano la storia e la fede di Roma e dell’Italia. Per l’intera giornata di sabato la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore rimarrà chiusa a motivo del trasferimento della salma di Papa Francesco per la tumulazione.

Tra i cambi di programma anche il rinvio della canonizzazione del beato Carlo Acutis, prevista inizialmente la mattinata del 27 aprile in piazza San Pietro. Ciò ha portato la Pastorale giovanile cremonese a pensare, per la mattina di domenica, a un momento diocesano unitario, con la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni alle 9 nella basilica degli Angeli e dei Martiri, in piazza della Repubblica, di fronte alla Stazione Termini, dove metà del gruppo diocesano alle 16 ripartirà alla volta di Cremona; altri 400 ragazzi si avvieranno sulla via del ritorno già dalle 15 con una decina di pullman.

Al gruppo della Diocesi di Cremona si aggregheranno anche alcuni oratori dalla Diocesi di Mantova: Castelnuovo di Asola e Asola, il cui oratorio è intitolato proprio a Carlo Acutis.

La partenza dei 900 adolescenti cremonesi è stata preparata nelle rispettive parrocchie con momenti dedicati di approfondimento e spiritualità, per aiutare i ragazzi a vivere al meglio l’esperienza intensa dei tre giorni romani.

Anche per chi resterà a casa, comunque, sarà possibile condividere in qualche modo l’esperienza del gruppo diocesano attraverso i resoconti del portale diocesano e il racconto sui canali social della Diocesi di Cremona e della Federazione Oratori Cremonesi, dove saranno pubblicati in tempo reale video, foto e testimonianze.